Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Freddie Quell fatica a reinserirsi nella vita quotidiana, dedito all’alcol (che produce con misture velenose) e alle donne fino a quando incontra il “guru” Lancaster Dodd..
The Master non è solo la rilettura degli esordi di Scientology, ma piuttosto un analisi dei nuovi individui che ha saputo creare il XX secolo: certo, la nostra società è ancora costituita prevalentemente da borghesi, intellettuali, eccetera che sono però figure creatisi nei secoli precedenti, il XX secolo ci ha regalato due modelli (tipicamente americani) il loser e questa figura per cui non mi viene in mente una parola adatta per descriverlo può essere “il maestro” il venditore, di certo è una figura che tutti abbiamo incontrato nella nostra vita a vari livelli, dall’amico a cui non si riesce a rifiutare mai niente (ma prova a pretendere che faccia qualcosa di cui hai bisogno tu!) al leader politico. Tutti accomunati dalla medesima faccia tosta, dal fascino mellifluo misto di ira e blandizie che contrasta fortemente con i precetti di dignità e onore del XIX secolo. Philip Seymour Hoffman incarna perfettamente questa figura soprattutto negli improvvisi sguardi maliziosi e complici che sa lanciare al suo interlocutore. Fisicamente completa la prova eccezionale di Joaquin Phoenix: il pancione di Dodd sembra inserirsi perfettamente nella cavità del ventre di Quell segnato dalle spalle curve e da un’andatura disarticolata.
La specularità dei due personaggi è data anche dal rapporto con il femminile: Dodd ha alle spalle un clan di figli ed ex mogli dominato dalla moglie in carica mentre Quell non riesce a relazionarsi con le donne: ancora una volta l’eccesso e la mancanza rappresentano forme complementari di una dipendenza sessuale che segna di profonda solitudine due vite così diverse nei loro esiti.
Visivamente il film è altrettanto complesso sia sul piano narrativo, alterando i piani temporali e la realtà con il sogno in maniera così sottile da creare una linearità parallela perfettamente credibile, che su quello della composizione dell’immagine dove la regia di Paul Thomas Anderson spazia dal rigore geometrico degli ambienti chiusi alla vastità dei deserti.
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