Rimasto solo con la piccola Mavis, dopo la morte della moglie Marta, Dracula diventa un padre super apprensivo che teme per l’adorata figlia lo stesso infausto destino della madre, uccisa dagli umani furenti. Il Conte trasforma il castello in un hotel dove i mostri possano trovare un’oasi di serenità lontani dall’aggressività degli uomini. Per oltre un secolo il lussuoso rifugio rimane segreto ma proprio in occasione del centodiciottesimo compleanno di Mavis un umano, il ventenne Johnny, riesce a introdursi fortuitamente nell’Hotel Transylvania..
Favola frizzante che invita a lasciar andare chi si ama, riconoscendogli il diritto di vivere la propria vita. Al di là della facile morale e dell’happy end di prammatica, l’opera di Genndy Tartakovsky ha il merito di possedere alcune caratteristiche che la distinguono dai cartoni che siamo abituati a vedere di solito. Hotel Transylvania esce completamente dal cliché del citazionismo cinefilo esasperato, obiettivamente passato un po’ di moda. A parte un‘inquadratura iniziale che riprende l’ombra espressionista di Nosferatu riflessa sulla culla, non si gioca a riproporre in cartoni le scene classiche dell’horror, il riferimento cinefilo è più raffinato: i migliori amici di Dracula sono Frankenstein, l’Uomo Lupo, la Mummia e l’Uomo Invisibile, i capisaldi della grande stagione horror della Warner negli anni ‘30 (che hanno diviso lo stesso cofanetto DVD). Si preferisce anche ironizzare su alcuni blockbuster del presente: Dracula che disprezza Twilight mentre il cuoco francese Quasimodo (il Gobbo di Notre Dame) è una chiara parodia di Ratatouille visto che la sua fedele Esmeralda è una perfida pantegana.
Notevole anche lo stile di ripresa estremamente movimentato simulando dolly e panoramiche degli ambienti che sono estremamente accurati: il salone del castello dove si svolge la gara sui tavolini è una magnifica riproduzione di una sala rinascimentale con volte affrescate secondo lo stile dell’epoca.
Pellicola di pura evasione soddisfacente per adulti e bambini.
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