C’è tempo fino al 29 luglio per andare a visitare la mostra dedicata alla figlia più artisticamente prolifica di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, pittore manierista monferrino (ha preso il nome del paese natale). Se il padre era soprannominato dai contemporanei “il Raffaello del Monferrato”, la figlia pur essendo una delle poche donne pittrici del suo tempo, ha ben poco a che spartire con la coeva Artemisia Gentileschi, a partire di una vita molto più riservata: come le altre cinque sorelle Theodora Caccia (nome secolare della futura badessa pittrice) fu indirizzata alla vita monastica e quando il padre fu in tarda età chiese al vescovo di Casale Monferrato di poter costruire un monastero a Moncalvo per avere vicine le figlie e negli ambienti convenutali trasferì anche la sua bottega.
Certamente il talento artistico di Orsola Maddalena è di gran lunga inferiore a quello di Artemisia, ma la mostra organizzata dalla Fondazione Cosso al Castello di Miradolo di Pinerolo è interessante perchè è la prima a porre il giusto accento sulla produzione della Caccia le cui opere per lungo tempo furono attribuite al padre o più genericamente alla sorelle Caccia riferendosi anche alla sorella Francesca morta in giovane età.
Le opere esposte mostrano uno stile piuttosto duttile che si adattava alle esigenze della commitenza, soprattutto di tipo religioso, ci sono però dei punti saldi nella produzione di Orsola Maddalena Caccia, innanzitutto ella è con ogni probabilità la prima artista specializzata in nature morte in area piemontese, i suoi dipinti con questo soggetto si distinguono per il gusto fiammingo del dettaglio e la simbologia religiosa dei fiori.
Nel riproporre i modelli tipici della bottega del padre la badessa pittrice rivela un’interesse maggiore rispetto al Moncalvo alla vita domestica femminile: la sua Natività di San Giovanni Battista è un tripudio di donne in vesti ricchissime i cui ori e pizzi sono resi con abilità da colpi di pennello, e la stessa Natività della Vergine si presenta molto più dettagliata del medesimo dipinto paterno.
Mentre di Guglielmo Caccia porto nel cuore Lo sposalizio della Vergine che riprende il modello di Raffaello esaltando la scena con i colori delle vesti dove il rosa dell’abito della Madonna esalta il verde smeraldo del mantello, l’opera della figlia che più mi ha colpito è Santa Margherita che si distingue nella produzione solitamente molto serena e composta della pittrice per il soggetto: la santa, abbigliata sempre in modo sfarzoso viene tentata da un demone che è una delle rappresentazioni più mostruose che abbia mai visto: un drago dalle nari fumanti, rivestito di serpi con la lingua che fuoriesce dalle fauci spalancate, rosse come il sangue e dalle zanne nere. Alla sua brutalità si oppone la grazia leziosa con cui la santa lo respinge volgendo lo sguardo al Crocifisso.
Merita qualche parola anche il luogo della mostra, il Castello di Miradolo, semplice “cassina” della famiglia più ricca dei dintorni ma senza quarti di nobiltà che solo in un secondo tempo acquista il Marchesato di Caresana. Quando la marchesa di Massel si sposa con il Conte di Bricherasio nel 1866 questi le regala come dono di nozze la ristrutturazione della “cassina” trasformandola in un castello di in stile neogotico. La serra ricorda quella della Margaria di Racconigi a dimostrazione di come i nobili costruissero le loro dimore sul modello della “corona di delizie” dei Savoia. Gli interni sono raffinati con affreschi floreali dai colori chiari e oltre alla visita è imprescindibile una passeggiata nel bel parco di gusto romantico che vanta alcune piante secolari.
3 marzo - 29 luglio 2012
Castello di Miradolo
Pinerolo, TO
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