Eric Packer, giovane magnate della finanza decide di attraversare la città di New York per andare dal barbiere nel quartiere dei bassifondi dove è nato. Il capo della sicurezza gli sconsiglia il viaggio perchè quel giorno il Presidente degli Stati Uniti è in visita nella Grande Mela e il traffico è più caotico del solito ma il giovane Packard è determinato a raggiungere la destinazione..
Premetto che non ho (ancora) letto il romanzo omonimo di Don DeLillo da cui Cronenberg ha tratto il film e come al solito lo ritengo una fortuna perchè mi da la possibilità di farmi un'idea scevra da pregiudizi di una pellicola che ha diviso pubblico e critica. Mi schiero da subito dalla parte di chi ha amato l’opera, film certamente imperfetto ma dal fascino notevole.
Ho letto di critiche al doppiaggio italiano, personalmente credo che il tono volutamente piatto faccia il paio con l’inespressività dei volti di persone ricchissime ed annoiate. I presunti padroni della finanza speculativa che ha prodotto questa crisi economica sono in realtà divorati da quella materia che credono di maneggiare, qualcosa di intangibile che ha annullato la loro sensibilità che devono eccitare con dosi sempre più massicce di sesso e violenza. Un corpo diventato quasi obsoleto ai fini della vita pratica che ha bisogno però di essere perfetto solamente come ricettacolo di emozioni forti, tanto da sottoporlo inutilmente ogni giorno a un check up medico.
Nel suo lungo viaggio per attraversare la metropoli, Eric incontra vari personaggi, l’amante, la moglie, alcuni collaboratori, una filosofa con cui si diletta a ragionare, ogni figura con cui il protagonista entra in contatto serve per introdurre un tema che viene sviscerato attraverso dialoghi. Nonostante sia un film molto parlato a colpirmi maggiormente è stata l’estetica del film che ritengo il suo punto di forza. Se Cosmopolis narra gli effetti distruttivi del capitalismo globale, Cronenberg sottolinea il messaggio rovesciando alcuni miti cinematografici che sono nati agli inizi degli anni ‘80 quando è emerso questo tipo di finanza e anche il concetto di postmoderno, legato al sincretismo della globalizzazione.
Il postmoderno cinematografico ha tra le sue vette due film a cui rimanda l’estetica di Cosmopolis: I guerrieri della notte e Blade Runner.
Cronenberg infarcisce il suo film di reminiscenze di queste due pellicole ma ne rovescia il senso. I guerrieri della notte racconta di una gang, un gruppo di amici che deve attraversare New York per tornare a casa e il film si chiude all’alba con il ritorno vittorioso degli eroi. Se il capolavoro di Walter Hill si ispira all’Anabasi di Senofonte, Cronenberg costruisce una catabasi, un viaggio verso gli inferi che inizia di giorno e finisce tragicamente di notte. E’ sparito il valore fondante dell’amicizia e il protagonista è un uomo profondamente solo, inseguito dai suoi demoni e da una persona che lo vuole realmente uccidere con cui si scontrerà nel finale. Per quanto ambientata in una suburra immonda, lontana mille miglia dal fascino deco di Blade Runner, l’incontro tra Packer e il suo killer ricorda l’incontro tra Roy Batty e Tyrrell: Paul Giamatti interpreta un dipendente quarantenne licenziato dal giovane magnate, quindi è la “creatura” di Packer, ma a differenza di Blade Runner è l’uomo di potere a recarsi a casa del sottoposto cercando di capire perchè lo vuole eliminare. Se trent’anni fa era il prodotto ad essere bello ed aitante e si parteggiava per un replicante anche crudele, che si ribellava contro il padre padrone per chiedere il diritto a una vita più lunga, oggi il dipendente è squallido e ributtante mentre il padrone è giovane e bello: quale migliore metafora per descrivere i danni di un’economia che non mette più la qualità delle merci e il benessere dei lavoratori al primo posto ma la ricchezza egoistica di pochi?
Commenti