Haute tension,
Francia 2003
con Cécile de France, Maïwenn Le Besco, Philippe Nahon,
regia di Alexandre Aja
Alexia e’ una studentessa universitaria che torna a casa dai suoi, in campagna, per preparare un esame. Con lei c’e’ Marie, la sua migliore amica. La notte del loro arrivo uno psicopatico stermina la famiglia nel sonno..
Smentendo, per sua fortuna, la definizione del trailer che lo paragonava a Saw, uno dei piu’ brutti horror della stagione, Alta tensione mantiene cio’ che l’azzeccatissimo titolo promette: nonostante qualche ingenuita’ il film riesce a garantire un livello molto alto di tensione, soprattutto all’inizio quando il regista gioca astutamente con lo spettatore creando classiche situazioni horror che poi si rivelano del tutto innocenti, dimostrando come chi assista a uno spettacolo dell’orrore entri in sala gia’ predisposto a farsi spaventare; Alexandre Aja asseconda questo desiderio mettendo in scena tutto l’immaginario del terrore: case isolate in aperta campagna, luna piena, boschi, inquietanti furgoni che nascondono l’uomo nero. Il gioco continua richiamando i classici del thriller da Psyco alla cui scena della doccia si allude piu’ volte senza mai riproporre la stessa azione, alla motosega di Non aprite quella porta passando per gli inseguimenti di Duel. Le protagoniste hanno addirittura una fisionomia che richiama due “eroine” del genere: la mora Alexia assomiglia alla Wendy di Shining mentre la zazzera bionda di Marie gia’ dal trailer mi aveva ricordato l’acconciatura di Mia Farrow in Rosemary’s baby e quando entra nel bagno di hitchcockiana memoria ti sovviene che anche la Marion Crane di Psyco ha i capelli corti e biondi.
La pecca piu’ grande del film sta nel suo lato gore, affidato ad effetti speciali non sempre convincenti.
Poco chiaro il periodo storico in cui e’ ambientata la pellicola: look e macchina delle ragazze all’inizio, sembrano porre l’azione ai giorni nostri poi si entra in una dimensione atemporale con la casa isolata e il terrificante furgoncino, mentre ancora attuali sembrano le scene girate al distributore di benzina. Sarebbe bastata una didascalia iniziale e qualche piccolo accorgimento scenografico per ambientare definitivamente la trama nei primi anni ‘90, in un periodo appena precedente all’avvento del cellulare, ma in fondo il bello di assistere a un film dell’orrore e’ quello di chiedersi dove diavolo siano i telefonini quando ti servono veramente.
Il divertito gioco del regista prosegue anche nell’identificazione del colpevole che e’ facilmente individuabile se si presta attenzione alle battute iniziali e agli indumenti.
“Da paura” la colonna sonora che spazia dai Ricchi e Poveri ai Muse.
recensione pubblicata a suo tempo su Impatto Sonoro
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