Il rewind dei frammenti di vetro di una bottiglia che si ricompongono e il suo volo al contrario per tornare nella mano del ragazzo che la lancia contro la volante di polizia che provocatoriamente passa davanti alla scuola Diaz. Quel lancio di bottiglia tornerà più volte a scandire la pellicola di Vicari, per distinguere i diversi punti di vista di chi quella terribile notte si trovò coinvolto in una delle vicende più tragiche e vergognose della nostra storia che il film ricostruisce seguendo gli atti giudiziari del processo contro i responsabili delle violenze alla Scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto durante l’ultimo giorno del G8 di Genova nel 2001.
Benchè gli eventi di quel G8 siano stati i primi in cui le riprese (amatoriali o meno) abbiano seguito quasi ogni momento di quel disastroso vertice e il materiale sia stato rimontato in diversi documentari, non ultimo Black block andato in onda su Rai3 domenica 15 aprile, a due giorni dall’uscita nelle sale del film di Vicari, l’opera di fiction ha un alto valore civile e politico che rende universale una storia di cui era possibile, e da tempo, sapere tutto o quasi.
La mattanza nella scuola che sembra la sequenza di un film horror è sicuramente il segmento più ruscito di un film nel complesso molto buono che riesce a “far volare” i 127 minuti di durata inchiodando lo spettatore a una realtà terribile e incredibile.
Le torture nella caserma di Bolzaneto sono invece un contraltare anche stilistico alla violenza della Diaz se nella scuola la violenza esplode inattesa e violenta, di Bolzaneto rimane impressa la stupidita’ del torturatore (ecco il messaggio universale che trascende la vergognosa pagina di storia italiana) farò l’esempio più leggero: quando Alma viene introdotta in caserma la poliziotta che la trascina malamente per i capelli si ferma come secondo un copione stabilito davanti a un poliziotto che sputa in faccia alla ragazza e più che indignare l’offesa (si è già assistito a trattamenti più disumani) colpisce la stupidità di uno che sta lì, con l’unico compito di sputare in faccia alla gente. Chi ci starebbe? verrebbe da chiedersi se non ci fosse stato l’esperimento della prigione di Stanford che ha dimostrato scientificamente che l’individuo demanda il suo giudizio critico e la sua umanità al gruppo di appartenenza. Quello scioccante esperimento è stato narrato anche in alcuni film, The experiment (rifatto nel 2010) uscì proprio nel 2001, nel 2002 in Italia. Vorrei chiarire che il fatto che l'individuo perda la sua libertà di giudizio quando viene inserito in un gruppo, non è certo una giustificazione per gli atti di Bolzaneto, casomai un ulteriore colpa per chi dirige le forze dell'ordine che non dovrebbe mai creare il presupposto per situazioni così esplosive.
La validità nella pellicola sta quindi nel raccontare quanto accadde in luoghi preclusi alle telecamere, mostrarne l’orrore e la follia riuscendo a mantenere una lucidità di giudizio per cui i poliziotti non vengono visti solo come colpevoli e c’e’ un finale tenerissimo che forse è la scena che resta più impressa: Alma che quando vede la madre si mette una mano davanti alla bocca: quello che a prima vista sembra un’innato gesto di stupore è il tentativo dignitoso di nascondere alla madre la vistosa ferita sul labbro.
Scrivi un commento
Le tue informazioni
(Il nome e l'indirizzo email sono richiesti. L'indirizzo email non verrá visualizzato con il commento.)
Non sono riuscita a vederlo quando è uscito in sala. Però, sinceramente, non vedo l'ora.
Scritto da: Alessandra | 25 aprile 2012 a 09:45
credo che tu riesca ancora a trovarlo in sala, qui è alla seconda settimana di programmazione
Scritto da: ava | 26 aprile 2012 a 18:50
Film bellissimo, crudo, vero.
Speriamo serva in primis a fare riflettere e, seconda cosa, a insegnare ai cineasti italiani come rendere onore ad un'arte in cui, un tempo, eccellevamo.
Scritto da: Bollalmanacco | 03 maggio 2012 a 17:13