Matt Weston, un giovane agente della CIA, gestisce la safe house di Citta’ del Capo, in Sud Africa: un posto tranquillo dove non succede praticamente nulla e infatti il giovane scalpita per un ruolo di maggior azione. Un giorno però, arriva la telefonata tanto attesa: dei clienti chiedono di usare la safe house per un interrogatorio e il prigioniero e’ nientemeno che Tobin Frost, leggendario agente della CIA che si è messo a vendere segreti di stato. Mentre si procede all’interrogatorio la safe house viene assaltata; Matt e Tobin sono gli unici a sopravvivere: riuscirà l’inesperto agente a tenere a bada l’astuta spia?
Non lasciatevi incantare dalla fotografia sgranata e dal grande uso della macchina a mano del regista Daniel Espinosa, nonostante il taglio contemporaneo Safe House procede sui binari più classici del film di spionaggio con il confronto tra il cinico deluso e il giovane di buoni propositi i cui scontri potrebbero anche portare a un’amicizia. E in un film di genere questo è ancora accettabile anche quando è costruito su misura della star che pure produce: Denzel Washington (che si circonda di comprimari del calibro di Brendan Gleeson e Sam Shepard) sfodera tutto il suo repertorio di ammiccamenti simpatici per poi trasformarsi nella seconda metà della pellicola in un gelido assassino e (scusate lo spoiler) sa morire da par suo.
Il film, che pure aveva mantenuto una buona tensione e anche ammaliato con l’ambientazione insolita del Sud Africa, deraglia completamente nella parte finale dove si accumula tutta una serie di sottofinali uno piu’ inutile dell’altro che sfiniscono lo spettatore, riservando però un inatteso colpo di scena: il finale è praticamente identico a quello di Mission Impossible Protocollo Fantasma: lui che da lontano osserva l’amore perduto accontentandosi di un languido sguardo.
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