Italia 1961 Lux
con Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, Tino Buazzelli, Sandra Milo, Belinda Lee, Lilla Brignone
regia di Antonio Pietrangeli
Sceneggatura di Sergio Amidei, Ennio Flaiano, Ettore Scola
Musiche di Nino Rota
Fotografia di Giuseppe Rotunno
Montaggio di Eraldo Da Roma
Nonostante la “fortuna” di avere un edificio non vincolato dalle Belle Arti, il vecchio e squattrinato principe Annibale di Roviano rifiuta di vendere il palazzo di famiglia a un immobiliarista. Quando il principe muore, il palazzo passa in eredita’ al nipote Federico che non esita ad accettare la proposta del palazzinaro. I quattro fantasmi che da secoli vegliano sulla stirpe Roviano si vedono costretti ad intervenire con l’aiuto di un'iroso (e scomunicato!) pittore che dipingera’ un affresco che, una volta ritrovato fermera’ i lavori di demolizione.
Di solito mi limito a riprtare solo il regista e il cast, ma per quest’opera da sempre sottovalutata è giusto segnalare tutti grandi nomi del cinema italiano che vi hanno collaborato.
Dietro i toni eleganti di una favola a lieto fine e l’armosfera fortemente teatrale, infatti, si nasconde una bella zampata di Pietrangeli contro la modernita’ imperante. Il film e’ del 1961, centenario dell’Unita’ dItalia che segue le gloriose Olimpiadi di Roma ‘60 che sanciscono l’ingresso del paese nell’era del boom economico.
I quattro fantasmi di casa Roviano appartengono ognuno ad un secolo diverso e ne interpretano le varie anime: il secentesco frate Bartolomeo (Buazzelli) incarna la Roma del massimo splendore papalino, Reginaldo (un seduttivo Mastroianni che nel film recita ben tre ruoli) e’ il libertino del tardo settecento, Flora, (una Milo svampita ad hoc) novella Ofelia buttatasi nel Tevere per un amore infelice, rappresenta il romanticismo ottocentesco e il piccolo Poldino, fratello di Annibale e’ il fantasma di un novecento che ha prematuramente perso la sua innocenza con la Prima Guerra Mondiale. I rimpianti dei fantasmi che poco apprezzano l’era attuale sono un modo per mettere alla berlina l’Italia del 1960 e preconizzare i tempi che verranno soprattutto dal punto di vista immobiliare e culturale. Incisive le scene che raccontano come il palazzinaro ottiene i permessi per demolire un palazzo storico in centro di Roma per costruirvi il piu’ grande supermercato d’Europa con annesso garage: piu’ si sale la gerarchia degli enti preposti, piu’ grande diventa il modello del futuro edificio perche’ piu’ grandi sono le mazzette nascoste nel garage che placano gli scrupoli degli amministratori pubblici.
L’unico modo che i fantasmi hanno per salvare la loro casa e’ quello di convincere Giovanni Battista Villari detto il Caparra (interpretato da un sanguigno Gassman) a dipingere un affresco per dare un valore artistico al palazzo e salvarlo dalla distruzione. Capiti i giochi di denaro, i fantasmi sfruttano a proprio vantaggio la sensibilita’ pecuniaria del celebre critico venuto a studiare il dipinto. A rimanere fregato e’ il Caparra che ancora una volta deve vedersela con il suo nemico giurato, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: se gia’ una volta gli era stata attribuita dallo stesso critico “una crosta del Caravaggio” ora il suo affresco viene attribuito al rivale ed è inutile spiegare la velata satira sulle attribuzioni spesso discutibili nel mondo dell'arte. Tutto sommato ai fantasmi di casa Roviano il Caravaggio torna piu’ utile del Caparra e il palazzo ricade nella sua sonnacchiosa incuria con la targa museale della “sala del Caravaggio”. Tutto estremamente attuale, vero? Veniamo allora alla scena finale del film, affidata a Regina, una barbona pazza convinta che un giorno gli americani verranno a rimetterla sul trono e lei gli regalerà il Colosseo, tanto che se ne fa? e’ tutto bucato...
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