Stephen Meyers e’ il giovane vice della campagna di uno dei candidati per le primarie dei democratici, il governatore Mike Morris. La bravura del brillante addetto stampa viene notata dall’organizzatore della campagna dell’altro contendente che gli chiede di passare dalla loro parte. Steve rifiuta perche’ fermamente convinto delle idee sostenute dal suo candidato ma l’inesperienza a gestire le trappole politiche lo porta al licenziamento e per salvare la propria carriera Steve non esitera’ a giocare sporco abbandonando gli ideali per il piu’ bieco cinismo..
Ci sono film che sono prodotti esclusivi della cinematografia americana, opere robuste con cast inappuntabili dominate dal logos, inteso come parola, cioe’ i dialoghi che come ragionamento, la tesi. A questa categoria si puo’ ascrivere l’ultima fatica dietro la macchina da presa (la quinta) di Gerge Clooney che tiene per sè il ruolo del governatore Morris, democratico dalle idee poco moderate. Clooney costruisce il suo personaggio sul modello dell’attuale presidente Obama: colpisce la medesima gestualita’ che risalta nel primo intervento con cui Morris appare in scena e i manifesti elettorali di Morris riproducono fedelmente quelli della campagna di Obama. L’impressione e’ che il divo hollywoodiano tenti un’appassionata difesa del Presidente che ha sostenuto giustificando la mancata realizzazione delle promesse obamiane con un J’accuse verso i laidi retroscena della politica, una partita a scacchi senza regole dove conta solo mettere l’altro al tappeto (anche col sostegno degli avversari politici) senza tener conto dell’interesse della Nazione: la politica come palestra per assicurarsi un lavoro futuro strapagato al servizio delle lobby (Farragut North, il titolo della piece teatrale di Beau Willimon da cui e’ tratto il film, indica la fermata della metropolitana di Washington piu’ vicina al centro nevralgico delle lobby).
Il titolo che rimanda alla tragedia di Giulio Cesare, richiama la tragedia shakespeariana e il film e' un gioco al massacro dove tutti tradiscono tutti, per giunta una robusta pellicola americano, per quanto a tesi, non mette mai in secondo piano l’importanza della trama ed ecco allora la vicenda della stagista ingenua, condotta la suicidio da un meccanismo piu’ grande di lei, che divorerebbe anche il protagonista trentenne se questi non esitasse a passare “al lato oscuro” dell’agone politico. Clooney gestisce questa parte del film con uno stile molto classico, concedendosi reminescenze noir: ombre dense che nascondono parzialmente i volti e piu’ che a una generica ricostruzione di atmosfere anni ‘70, le ambientazioni delle sedi dei sostenitori sono un fedele omaggio all’ufficio di propaganda in cui lavora Betsy in Taxi Driver, noir postmoderno per eccellenza.
Con tutte queste recensioni positive, tra tutti mi fate pentire di non esserlo andata a vedere, uff!
Scritto da: Bollalmancco | 10 gennaio 2012 a 15:05
E' piaciuto parecchio anche a me. Bellissimo il primo piano iniziale e finale di Ryan Gosling.
Scritto da: Alessandra | 10 gennaio 2012 a 21:13
Bravo Giorgino, questa volta mi sei piaciuto molto.
Ava, complimenti per aver citato l' omaggio a: "Taxi Driver".
Scritto da: Roy | 13 gennaio 2012 a 16:39