The Barefoot Contessa
USA 1954, United Artists
con Ava Gardner, Humphrey Bogart, Edmond O'Brien, Rossano Brazzi, Valentina Cortese
regia di Joseph L. Mankiewicz
Quattro voci si alternano per raccontare la vita di Maria Vargas, ballerina di flamenco a Madrid, diventata una stella hollywoodiana per poi sposare un conte italiano di Rapallo: il regista che l’ha lanciata, l’addetto stampa che ne ha seguito la carriera, il conte che l’ha sposata ed uccisa e la stessa Maria.
Il technicolor negli anni ‘50 diventa il mezzo ideale per raccontare melodrammi “fiammeggianti” definiti cosi’ anche per l’uso espressivo del colore ma esistono pochi film che hanno saputo usare il mezzo nella sua valenza contraria, per raggelate la vicenda. Di uno di questi avevamo gia’ parlato in precedenza Pandora, un film del 1951 che in realta’ potrebbe essere il seguito ideale del capolavoro di Manckiewicz del 1954.
Per chi volesse passare una serata in compagnia di Ava Gardner, protagonista di entrambe le superbe pellicole consiglio davvero di invertire l’ordine cronologico perche’ Pandora comincia li’ dove finisce la storia di Maria, povera fanciulla madrilena che conquista in men che non si dica Hollywood con il suo fascino distaccato e sa mantenere la sua fama anche quando uno scandalo investe la sua famiglia: l’amato padre uccide la madre violenta e invece di insabbiare la cosa Maria partecipa al processo spagnolo raccontando la triste verita’ sulla sua vita familiare conquistando ulteriormente il pubblico e facendo scagionare il padre che ha agito solo per legittima difesa. Il distacco che Maria ha per la mondanita’ e il successo le deriva dal carattere indomito e dal non aver mai dimenticato le sue origini: balla scalza e si accompagna a uomini del popolo solo per soddisfare i propri desideri sessuali, Maria non si e’ mai innamorata: puo’ fingere di essere l’amante di un ricco e discusso magnate argentino ma si concede solo a gitani e camerieri, quando scende dai suoi eleganti sandali da sera.
Alla fine l’amore bussa alla porta di Maria nelle vesti di un raffinato conte italiano ma l’uomo, reso impotente dallo stress post-traumatico dovuto alla guerra, vuole solo un simbolo bellissimo con cui chiudere gloriosamente una stirpe che non puo’ far proseguire. Maria invece pensa di salvare il matrimonio generando il figlio che il marito non potra’ darle ma l’uomo la uccide in un moto di gelosia.
Il film si apre con il funerale di Maria in un piccolo cimitero della riviera ligure sotto una pioggia battente e la dimensione funerea grava perennemente su tutta la pellicola. La vicenda umana di Maria, Cenerentola che vuole conservare il diritto di togliersi ogni tanto tanto la scarpetta, trasformando la fiaba in una tragedia, conserva il suo mistero attraverso la costruzione a flashback dettati da quattro voci distinte e se appare evidente il legame con Quarto Potere basta ricordare che il regista Joseph L. Mankiewicz e’ il fratello di Herman J. Mankiewicz che collaboro’ con Orson Welles alla scrittura del suo capolavoro.
Curiosità: Ava Gardener, all’apice del suo splendore e’ vestita da magnifici abiti dell’atelier Fontana.
Da notare, anche sulla locandina l’errore sul nome della nostra Valentina Cortese che diventa Cortesa, come nei titoli di testa e in quelli di coda del film.
La scrittrice Fred Vargas prende il cognome del suo pseudonimo dalla protagonista del film.
Uhh... che bello! E' una vita che non rivedo questo film! Grazie per avermelo ricordato!
Di Mankievitz recentemente mi son gustato "Il fantasma e la signora Muir" con uan splendida Gene Tierney.
Scritto da: Rear Window | 24 gennaio 2012 a 14:33
e cosa mi hai ricordato tu.. e' una vita che non vedo quell'adorabile film! Poi trovo che Gene Tierney abbia uno dei volti piu' belli della storia del cinema :)
Scritto da: ava | 24 gennaio 2012 a 17:08
Sono d'accordo su tutto: sia sull'aggettivo adorabile associato a "Il fantasma e la signora Muir", sia sul volto di Gene Tierney!
Scritto da: Rear Window | 24 gennaio 2012 a 19:02