Marcel Marx ha un passato bohémien e ora fa il lustrascarpe a Le Havre dove vive con l’amatissima moglie Arletty. La donna ha un cancro terminale ma minimizza il suo stato di salute per non far preoccupare Marcel che nel frattempo ha incontrato un bambino di colore sfuggito a una retata di clandestini. L’uomo decide di aiutare il piccolo Idrissa a ricongiungersi con la madre che vive a Londra..
Con il suo inimitabile stile stralunato e asciutto, fatto di silenzi e volti quasi inespressivi, Aki Kaurismaki ci regala una favola a lieto fine (già anticipato dal titolo) su uno dei temi più discussi del nostro presente, la condizione dei migranti. Il colpo di genio è di coniugare la storia di amicizia tra gli ultimi con gli omaggi ai grandi della storia del cinema a partire da De Sica: il titolo rimanda a Miracolo a Milano e il mestiere di lustrascarpe a Sciuscià.
Di certo la citazione più corposa è per il cinema del Fronte Popolare francese come rivelano i nomi scelti per la coppia di protagonisti: Marcel come il grande Marcel Carné e Arletty come la diva simbolo di quel cinema di chiara derivazione comunista da qui il cognome Marx. Di quel cinema che ambientava le sue storie tra le fasce più deboli della società, Kaurismaki riprende l’ambientazione del centro storico di Le Havre e lo spirito di mutuo soccorso che gli amici di Marcel applicheranno anche quando si tratterà di trovare una grossa somma di denaro per aiutare il piccolo Idrissa facendo entrare in scena la stella locale Little Bob, e l'amore per il rock del regista non è certo una novità. Bisogna plaudere al doppiaggio italiano che ha saputo ricreare il tono, quasi le voci degli storici doppiatori dei film degli anni ‘30.
Diverte che l’unico personaggio negativo della vicenda, lo spione, sia interpretato da Jean-Pierre Léaud, l’alter ego cinematografico di Truffaut, il che ha fatto pensare a una critica alla Nouvelle Vague.
Commenti