Hollywood, 1927: George Valentin e’ una stella di prima grandezza del cinema muto e quando incontra l’aspirante attrice Peppy Miller fa in modo che abbia un ruolo da comparsa e le consiglia di disegnarsi un neo. Tra i due e’ amore a prima vista ma il divo e’ sposato. Peppy fa carriera velocemente grazie al suo fascino di smart girl mentre Valentin non vuole adeguarsi al sonoro e nel ‘29 lascia la major per produrre con il proprio denaro un grandioso film muto, l’insuccesso del film e il crollo della borsa lo portano al fallimento ma da lontano Peppy Miller veglia su di lui..
Osannato a Cannes 2011, The Artist e’ veramente un gioiello che sa incantare le platee, un po’ meno i critici che pare lo trovino un mero esercizio di stile. Personalmente l’ho adorato perche’ il cinema muto e la commedia anni ’30 sono da sempre il mio genere preferito e non ho potuto fare a meno di ammirare il rigore con cui il regista ha ricostruito l’epoca che va dal ‘27, avvento del sonoro al 1933 anno di Carioca il primo film della premiata coppia Ginger Rogers Fred Astaire. Encomiabile la precisione con cui sono stati allestiti i set fantasiosi del cinema muto e quelli piu’ realistici del sonoro a sottolineare che il suono ha comportato l’abbandono dei toni fiabeschi ed esotici dei silent movies popolato di sceicchi, principi e quant’altro per arrivare ad ambientazioni piu’ realistiche in stile deco’ (non divaghero’ parlando di una meravigliosa scultura di nudo di donna in piedi acrobaticamente reclinata sulla schiena).
La capacita’ di ricostruire perfettamente le atmosfere a cavallo degli anni ‘20-’30 permette al regista Michel Hazanavicius di giocare con omaggi a grandi pellicole di quel periodo o su quel periodo, impossibile non pensare a Cantando sotto la pioggia: il protagonista ha il sorriso aperto di Gene Kelly e la sua partner, di cui vedremo il provino sonoro, ricorda l’odiosa Lina Lamont dalla voce così querula e nasale da richiedere il doppiaggio della dolce Debbie Reynolds.
La sequenza iniziale del film con la prima del grande successo di Valentin, racconta gia’ tutto: il film si apre con l’attore che giura di non parlare (e’ torturato dai tedeschi con un macchinario che ricorda quello che ha dato vita al robot di Metropolis) della protagonista femminile clonata da Cantando sotto la pioggia abbiamo gia’ detto e quando Valentin si ferma sotto lo schermo a vedere la pellicola il pensiero corre al Don Quixote di Welles che lotta con le immagini e il film raccontera’ proprio la lotta don chisciottesca di Valentin contro il progresso della tecnologia cinematografica. Progresso che costo’ davvero la vita a diversi divi del cinema muto che non seppero adeguarsi alla nuova tecnologia: piu’ che a Valentino, scomparso prima di cimentarsi con il sonoro, l’omaggio onomastico forse doveva essere per John Gilbert.
Tornando a Orson Welles, il piu’ grande cineasta americano e’ omaggiato molte volte: le colazioni che narrano il progressivo allontanamento tra Valentin e la moglie, la stanza con i cimeli protetti da lenzuola, mi hanno ricordato molto Quarto Potere.
Se i protagonisti sono bravissimi, va menzionato sicuramente il cane, il Jack Russel Uggie che vanta un proprio profilo twitter, meritatissimo dato che e' protagonista al pari degli attori: nel momento piu’ drammatico la sua presenza ricalca il ruolo del bambino piangente ne Il Monello di Chaplin. L’inseparabile coppia che la bestiola forma con Valentin ci ricorda come il cinema sia un’espressione artistica molto popolare, nata dal vaudeville e pur citando i grandi del cinema, l’ironia che smorza i momenti di grande tensione melodrammatica riporta sempre la riflessione a questo inizio giocoso e popolare ..sara’ questo che ha disturbato i critici?
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