Napoli 1973, Peppino Sansone ha quasi dieci anni, porta gli occhiali e non ha un grande successo tra i compagni di scuola. Improvvisamente muore il cugino Gennaro Superman, convinto di essere l’omonimo supereroe e la madre di Peppino cade in depressione perchè scopre che il marito la tradisce. Peppino si trova cosi’ affidato al padre volenteroso ma distratto e soprattutto ai giovani zii hippies.
Il debutto alla regia dello sceneggiatore Ivan Cotroneo e’ tratto dal suo romanzo omonimo, La kryptonite nella borsa. Cotroneo ne trae una favola tenera e colorata e il colore, sostenuto dalla bella fotografia di Luca Bigazzi, e’ forse uno degli elementi piu’ significativi delle scelte stilistiche: la luce, il colore o il non colore esplicitano le emozioni del film, penso ai toni scuri che improvvisamente dominano la scena del funerale di Gennaro con una bellissima ripresa dall’alto degli ombrelli neri che riempiono il vicolo o il bianco della scena nel corridoio dell’ospedale quando Rosaria, mamma di Peppino, aspetta di incontrare per la prima volta il suo psicanalista e il taglio inclinato dell’inquadratura ci suggerisce il desiderio di suicidio della donna sporta alla finestra.
Altro elemento notevole e’ la scelta dei costumi, cappotti, gilet e camicie dalle fantasie improponibili che mi hanno fatto ricordare perche’ amo le tinte unite. Si’, essendo una bambina degli anni ‘70 e’ scattato il processo di identificazione con il protagonista e la storia di Peppino mi ha fatto ricordare quanto era noioso essere piccoli negli anni ‘70, forse perche’ i figli unici erano una minoranza prima o poi si finiva sempre per essere affidati ad improbabili parenti un po’ piu’ grandicelli e se eri fortunato passavi il tempo a reggere la candela. Da decidere di buttarsi come l’ultimo pulcino che cerca di sottrarsi alle amorevoli ma pericolose cure del padre di Peppino: le brevi vite di Primo, Secondo e Terzo, pulcini vittime di troppe attenzioni sono le gag piu’ esilaranti della pellicola.
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