Piu’ che la riflessione sul tema dell’immigrazione, a portarmi in sala a vedere Cose dell’altro mondo e’ stata la curiosita’ di capire come si sarebbe risolto l’intreccio narrativo, dato un incipit cosi prorompente come quello dell’improvvisa sparizione di tutti gli extracomunitari dal suolo italico. Il punto di partenza cosi’ tosto mi ha ricordato quella lezione di Hitchcok riportata nel libro intervista di Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, dove il grande maestro del thriller raccontava di un inizio di trama troppo avvincente (se non erro una nave che ritorna vuota o con tutto l’equipaggio morto) per mantenere il tasso di interesse dello spettatore cosi’ alto per tutta la durata della pellicola e soprattutto per trovare una chiusa degna dell’exploit iniziale. Ovviamente aveva ragione il grande Hitch e il film di Patierno finisce ben presto per avvitarsi su se' stesso, proponendo qua e la’ alcune situazioni divertenti ma non sapendo poi trovare un finale (siamo ben oltre il finale aperto per cui personalmente sto sviluppando un’idiosincrasia).
L’incoerenza regna sovrana: la scomparsa degli immigrati comporta la salita vertiginosa dei prezzi e si ricorre a delle simil tessere annonarie, la benzina manca ma i protagonisti non risentono di questi problemi, quello del carburante in particolare. Marta, la moglie di Golfetto, si ritrova a gestire la casa e passa le ore a stirare ma lo fa con improbabili tacchi dodici e una messa in piega impeccabile, sarebbe stato logico assistere a una sciatteria progressiva nella sua trasformazione da siora a casalinga disperata.
L’antica tradizione di bruciare la vecia, ultima risorsa per far tornare gli immigrati, mi sarebbe piaciuta leggerla positivamente come una riscoperta delle proprie origini perche’ personalmente credo che chi sia sicuro delle proprie radici non abbia paura di confrontarsi con il diverso, invece il rogo diventa l’emblema di una nazione provinciale e d arretrata.
Anche il tono della pellicola mi e’ parso un po’ sfilacciato: una vena di surrealta’ piu’ spinta avrebbe di certo giovato ad imbrigliare un soggetto cosi’ traballante.
Infatti il problema è che l'idea di base è molto interessante (seppur non originale essendo ispirata ad un film messicano), però poi stilisticamente, registicamente e da un certo punto in poi, anche narrativamente, il film è molto piatto. Resta che adoro Mastrandrea e che Abatantuono nella sua gigioneria mi ha fatto simpatia.
Scritto da: Alessandra | 16 settembre 2011 a 14:58
il film e' anche simpatico, quello che manca veramente e' una chiave, grottesca, surreale.. insomma si poteva scegliere il registro filmico invece si e' proprio lasciato andare la pellicola allo sbando.
Mi piacerebbe vedere il film messicano, ho letto che e' piu' incentrato sul rapporto con i media e poi se non ricordo male uno sciopero i clandestini statunitensi l'hanno pure fatto!
Scritto da: ava | 19 settembre 2011 a 18:11
Cara Ava,personalmente trovo che il film non sia certo tra i più riusciti tra quelli che ha interpretato Abatantuono, sempre comunque all'altezza.L'idea di far capire cosa succederebbe se gli immigrati sparissero è oggettivamente buona, ma lo sviluppo del film è debole laddove si sarebbe potuto costruire una trama dai contenuti sociali più forti.Sarà che i film di denuncia ben fatti (Rosi docet) mi piacciono sempre in modo particolare.Ho notato anch'io la moglie di Golfetto perfettamente vestita e acconciata resistere su tacchi che stancano solo a vederli,quasi a testimoniare che nulla è cambiato e contraddicendo in questo modo l'assunto stesso del film.La tradizione del bruciare la vecia è trasversale,popolare in ogni angolo d'Italia e questa invocazione,quasi un pentimento è certo una prova di arretratezza e provincialismo culturale per non aver capito l'importanza di quanto si può vivere "con" e apprendere da chi si sente lontano per tradizione, lingua,costumi.Insomma, un film che avrebbe potuto essere e non è stato.
Scritto da: FedericaB | 02 settembre 2012 a 18:54
Grazie della visita Federica, sostanzialmente concordiamo! :)
Scritto da: Ava | 03 settembre 2012 a 00:50