Pasquale Scimeca rilegge in chiave contemporanea il capolavoro di Verga, superandone il pessimismo perche’ dopo centocinquant’anni circa dai fatti narrati nel romanzo anche i vinti hanno fatto una conquista impensabile nell’ottocento verghiano, si sono guadagnati il diritto all'arte, vista come un mezzo di riscatto (anche economico dato che e’ attraverso la musica che i Malavoglia di Scimeca riacquistano la proprieta’ della Casa del Nespolo).
Il sogno di ‘Ntoni e’ la musica che condivide con la barista Uzz (la Santuzza del romanzo), mentre Mena trova una via di fuga nella danza del ventre insegnatale dall’amato Alfio, un immigrato clandestino a cui e’ stato italianizzato il nome. Anche il serio Alessi ha una valvola di sfogo nello sport ed e’ in una cosa solitaria sui go-kart che il ragazzo sfoga le sue frustrazioni per il naufragio della Provvidenza.
Il destino migliore viene riservato a Lia che si salva dalla prostituzione a cui e’ destinata nel romanzo perche’ (attenzione spoiler) il suo Michele non e’ uno spacciatore ma un poliziotto infiltrato ed e’ imperdibile la faccia della ragazza mentre guarda sorpresa il distintivo: e’ evidente la delusione di Lia che soppesa quel tesserino intuendo la fine della vita facile e un futuro che riserva ben poche certezze in piu’ di quello dei pescatori.
Benche' ci sia un lieto fine il film riesce a trasmettere comunque tutta la fatica della dura vita dei pescatori, il peso delle cambiali ecc.. Non per nulla al prologo segue il parto di una mula, l’animale che per eccellenza rappresenta la fatica. Il finale si chiude sulle note delle canzone che ha portato al successo ‘Ntoni, una musicazione rap dei proverbi del vecchio Padron ‘Ntoni e si insiste sul detto che invita ad ascoltare i vecchi. Scimeca pur nel suo lavoro di revisione si pone sotto il nume tutelare di quattro classici, il primo e’ certamente Visconti che nel 1948 trasse dai Malavoglia La terra trema. Come nel film di Visconti siamo di fronte a un film recitato in dialetto e sottotitolato ed e’ interessante notare come ritorni questa scelta dialettale per adattare al grande schermo uno dei capolavori della letteratura italiana ma del resto la sintassi del cinema non e’ certo data dalla lingua che il film sceglie di parlare.
Il parto dell’asina non puo’ non ricordare Au Hasard Balthazar il capolavoro del pessimismo di Robert Bresson, mentre il contrasto tra i ritmi antichi della vita dei pescatori e il desiderio di novita’ dei giovani ha un che di pasoliniano e per finire la conclusione “morale” delle avventure musicali di ‘Ntoni di cui ci chiede conto la speaker radiofonica, ha qualcosa a che vedere con le lezioni di vita impartite da Walt Kowalski in Gran Torino e che tornano anche in altri film di Eastwood.
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