A Roma, in visita al Museo Criminologico, l’attore Ulderico Pesce rimane colpito dal teschio e dal cervello di Giovanni Passannante, esposti in una teca come esempio della teoria lombrosiana.
Pesce decide di approfondire la storia di Passannante e scopre che l’uomo non fu per nulla un criminale abituale come dice la targhetta del museo, ma un mazziniano che nel 1878 attento’ alla vita del re Umberto I. L’intento di Passannante non era quello di uccidere il sovrano ma quello di farsi processare in Senato e portare davanti ai parlamentari del Regno la disastrosa situazione della Lucania, sua terra di origine. Per evitare il risvolto politico del processo, Passannante fu sepolto vivo per oltre dieci anni in una cella sotto al livello del mare all’Isola d’Elba e poi internato in un manicomio criminale dove mori’ nel 1910, poco tempo dopo la morte di Umberto I per mano dell’anarchico Bresci. Ulderico Pesce fa della storia di Passannante il cavallo di battaglia del suo teatro civile e nel ‘99 quando si inizia a parlare della possibile fine dell’esilio dei Savoia, l’attore insieme al cantante dei Testes de bois Andrea Satta e al giornalista Marchitelli, chiede al ministero di Grazia e Giustizia che anche il cranio di Passannante possa trovare finalmente sepoltura. Ci vorranno tre legislature prima che nel 2007 la testa dell’uomo riesca a trovare pace nel cimitero del suo paese di origine, a cui dopo il suo gesto fu cambiato nome da Salvia di Lucania a Savoia di Lucania.
Dopo tante celebrazioni, libri e film, quando della rievocazione del centocinquantenario dell’Unita’ d’Italia non ne potevo piu’, ecco arrivare questo piccolo gioiello che in soli novanta minuti riesce a raccontare una piccola vicenda che ha attraversato tutta la storia italiana racchiudendone tutti i vizi e le poche virtu’: si decise di esporre il cervello di Passannante durante il periodo fascista, appena a ridosso della promulgazione delle leggi razziali perche la teoria lombrosiana della fontanella occipitale come causa della delinquenza potesse tornare utile per giustificare l’infamia della discriminazione ebrea. Fa ridere a denti stretti vedere il peggioramento della classe politica nei tre incontri con i ministri di Grazia e Giustizia, fino a che Mastella un po’ per sfinimento un po’ perche’ convinto che i tre postulanti avessero alle spalle chissa’ quali appoggi firma il permesso di sepoltura. E invece quello di Pesce, Satta e Marchitelli, e’ un patto per la giustizia, uno di quei gesti di purezza un po’ incosciente che fanno ancora avere fede in questa nazione.
A colpire molto e’ anche lo stile del film, opera prima del regista Sergio Colabona che fa raccontare in prima persona ad Ulderico Pesce la storia che lo ha appassionato, mostrandolo sul palcoscenico mentre recita L’innaffiatore del cervello di Passannante, prima in piccole piazze, poi in teatri sempre piu’ importanti, a dimostrare quanto cresce la passione dell’attore, che trova nei clandestini che lavorano le nostre campagne e che quando muoiono sul lavoro molto spesso vengono sepolti in una fossa comune, magari senza nome, gli eredi di quei cafoni lucani che Givanni Passannante voleva aiutare con il suo gesto. Alla vicenda ambientata ai giorni nostri, gli spezzoni di spettacolo e gli incontri al Ministero, si alternano momenti in cui rivive direttamente la storia di Passannante interpretato da un intenso Fabio Troiano. Pur nell’estrema poverta’ di budget Colabona riesce a risolvere con maestria la ricostruzione storica: il gusto un po’ teatrale delle immagini si sposa perfettamente al teatro di impegno civile della parte contemporanea poi ci sono delle soluzioni stilistiche davvero ottime: il dettaglio della bocca della Regina Margherita che recita il rosario, l’occhio del ministro Cairoli, il medesimo riflesso nella lama del barbiere che indugia sulla gola del re mentre il ministro legge le norme che regolano il regicidio impreziosiscono una pellicola che fa della mescolanza dei generi il suo punto di forza.
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