USA, 1941. Lo sfisicato e asmatico Steve Rogers vuole caparbiamente arruolarsi e partire come soldato per l’Europa. La sua determinazione attira l’attenzione di uno scienziato tedesco fuoriuscito dalla Germania nazista che lo sceglie tra altri candidati per testare un siero di sua invenzione che lo trasforma in un supereroe. L’omicidio del dottor Erskine blocca la ricerca sui supersoldati e ancora una volta Steve dovra’ fare appello a tutta la sua determinazione per non essere impiegato solo come richiamo pubblicitario ma riuscire a combattere.
Desolante sensazione di dejà-vu per questo nuova pellicola dedicata a un supereroe Marvel, per altro il primo e il piu' amato negli States. Siamo in un epoca di estremo citaziosnismo e il genio di alcuni registi, leggi Tarantino, si basa proprio sulla rilettura di un immaginario gia’ consolidato ma ahime’, questo non e’ il caso di Captain America dove ben presto tutto annega nella sensazione di un banale gia’ visto. Regge solo la prima parte di perfetta ricostruzione del fermento americano di entrata in guerra ma poi il nerboruto nuovo Steve Rogers rincorre la spia saltellando sulle macchine come faceva Hulk, e’ imbranato nel suo assurdo costumino come Spider agli esordi. Il capo dell’Idra, Johann Schmidt, e’ interpretato dallo stesso attore (Hugo Weaving) che in Matrix recitava il ruolo dell’agente Smith (pure l’assonanza!) e quando si trasforma in Red Skull ricorda piu’ The Mask che un temibile nemico dell’umanita’, nazisti compresi.
Persa la rilettura dei valori della saga di Spider, Captain America si dimostra privo di quei toni ironici che a partire da Iron man erano diventati la cifra caratteristica delle ultime trasposizioni dei fumetti della Marvel cosi’ ci si intristisce nel vedere la patetica sporca dozzina di fedelissimi del nuovo supereroe e manca del tutto di commozione il sacrificio finale, doveroso omaggio del decennale agli eroici passeggeri che sventarono la missione di uno degli aerei in mano agli attentatori dell’11 Settembre.
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