La tredicenne Marta lascia la Svizzera dove e’ cresciuta con la madre e la sorella maggiore, per tornare a vivere a Reggio Calabria. In citta’ la ragazzina frequenta il catechismo per prepararsi alla Cresima, ma l’esperienza finisce solo per accentuare lo spaesamento di Marta..
Francamente non riesco a capire come si sia potuto gridare all’esordio dell’anno per questo filmetto insulso, manicheo e pieno di banalissimi luoghi comuni. Alice Rohrwacher, sorella della piu’ celebre Alba, vorrebbe girare un film sullo stile dei Fratelli Dardenne, ma il suo realismo e la sua macchina da presa incollata agli attori ricordano di piu’ l’opera dell’ormai impresentabile Lars von Trier, non per i meriti artistici delle pellicole del regista danese ma per la furbizia con cui il maestro di Dogma 95 ha saputo fare dell’estetica un’etica.
Marta torna da una non meglio precisata localita’ svizzera e qui scatta il primo inganno ai danni dello spettatore che contrappone alla visione di una Reggio Calabria sporca ed enfia di abusi edilizi, la Svizzera da cartolina del proprio immaginario dimenticando che forse, una donna emigrata con due figlie a carico anche in Svizzera vive in un quartiere squallido.
La tredicenne probabilmente va anche a scuola, non e’ dato sapere, alla regista preme solo raccontare dell’esperienza della catechesi con la parrocchia in mano a tre moderne beghine con ovvio innamoramento per il prete. Le tre pie donne chiamano le bambine “figlie della vergine maria” ma poi creano per le fanciulle dei balletti sul piu’ bieco modello televisivo. Il parroco intanto sogna solo di far carriera e convince i parrocchiani a votare per l’imminenete tornata elettorale, ovviamente per un esponente del centro destra. Come lo stile cinematografico ormai ventennale che la Rohrwacher utilizza, anche la realta' sociopolitica che racconta stagna nell'immobilismo ventennale dell'era berlusconiana ma una giovane autrice esordiente non dovrebbe rappresentare quel vento nuovo che ultimamente sembra spirare?
Per vie rocambolesche Marta si trova ad accompagnare il parroco in un paesino ormai abbandonato dove incontra un prete che finalmente riesce a comunicarle una visione di Cristo sentita, ben diversa dall’immagine vuota di Gesu’ che le offre il catechismo e anche stavolta siamo di fronte al piu’ banale dei luoghi comuni: il prete comunicativo sta in un paesino diroccato mentre quello di citta’ ambisce solo ad una parrocchia piu’ grande.
Finale ovviamente aperto e liberatorio con rettile in mano (una coda di lucertola) ultimo di una serie di simboli da far rizzare i capelli: basti dire che il giorno della Cresima, quando e’ in giro con il parroco a Marta inizia il ciclo mestruale e sara’ proprio il prete a farle notare “la macchia” sui pantaloni e la barista l'aiuta offrendole un assorbente delle dimensioni di un Tena Lady. Per me clamorosa comicita' involontaria, eppure pare sia un capolavoro, mah!
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