La leggenda vuole che il titolo di quest’opera nasca dall’esclamazione di sconcerto pronunciata da mamma Hirst alla confidenza del celebre figlio sul nuovo progetto che stava per realizzare nel 2007. Mi diverte pensare che se Damien Hirst fosse stato delle mie parti la madre sarebbe sbottata in un Oh ssignur si car!, esclamazione estremamente pertinente all’opera d’arte contemporanea piu’ costosa del mondo. Trovo ancora piu’ esilarante che il provocatore per eccellenza dell’arte contemporanea confidi alla mamma i propri progetti artistici e dall’augusta genitrice gli deve derivare gran parte del suo mordace talento visto quanto e’ pertinente all'opera e alle sue interpretazioni la semplice esclamazione di una mamma sbigottita.
La lettura dell’opera e’ lampante (e fulminante quando ci si trova davanti al manufatto): la rilettura della Vanitas in chiave contemporanea con il teschio tempestato di diamanti emblema di una societa’ che rifugge l'idea della morte pur giustificando lo sterminio di massa in nome della ricchezza: quindi per l’amore di Dio Denaro o della dea dell’eterna giovinezza. Eppure solo alla sua terza esposizione pubblica l’opera stessa trascende, nella sua eccezionalita’, la fama del suo celeberrimo autore e diventa divinita’ essa stessa, come dimostra l’allestimento fiorentino. Il teschio e’ esposto a Palazzo Vecchio e il numero di spettatori venuti a vederlo rivaleggia con quello di coloro che visitano le bellezze rinascimentali della citta’.
Si entra nel salone dei Cinquecento e si accede allo studiolo di Francesco I, decorato da pannelli a tema alchemico e sopra la porta che fa passare lo spettatore nell’ambiente dove si trova l’opera di Hirst , c’e’ giustamente un quadro che rappresenta la ricerca dei diamanti. Il pubblico e’ invitato a sostare qualche minuto nello studiolo con la possibilita’ di godere nell’attesa del gioiello realizzato per Francesco de' Medici, ma gli spettatori sono distratti, sfogliano di malavoglia l’opuscolo che illustra i quadri dello studiolo e fremono perche' la tenda si sollevi e si possa accedere finalmente al sancta sanctorum dell’arte contemporanea, la Camera del Duca Cosimo completamente rivestita di nero dove troneggia in divina solitudine il calco in platino di un teschio umano del XVIII secolo con denti veri, tempestato da 8.601 diamanti che danno all’opera un valore economico inestimabile. C’e’ chi e’ colpito dalla perizia del montaggio delle pietre, chi riflette sulla vanita’, la sottoscritta e’ rimasta stupita dagli inaspettati riflessi multicolori emessi dai diamanti: diavolo di un Damien, non solo ha riletto la vanitas secentesca in chiave contemporanea ma concettualmente ha aggiornato la danse macabre medievale con un’inattesa stroboscopica!
Firenze, Museo di Palazzo Vecchio
26 novembre 2010 - 1 maggio 2011
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