Stanco delle continue imposizioni della Rete, il regista Renè Ferretti decide di abbandonare il mondo delle fiction. Dopo qualche mese di depressione viene contattato da Sergo, il vecchio direttore di produzione che dopo un infarto ha fondato una sua casa di produzione cinematografica e possiede in esclusiva i diritti per trarre un film dal celebre libro La Casta. Rene’ accetta entusiasta il progetto pur essendo la seconda scelta dopo l’abbandono di Matteo Garrone ma il dorato mondo del cinema presenta in fondo le stesse difficolta’ del mondo televisivo.
Dopo i riuscitissimi esperimenti di serialita’ tratti da pellicole di successo, la Fox mette in atto il processo inverso e porta nelle sale la sua serie di culto, Boris, che racconta la vita di una troupe televisiva con troppo cinismo e troppa verita’ per approdare su una televisione generalista.
Sul grande schermo Boris continua lo stesso gioco di mischiare personaggi palesemente finti ad altri reali (il gustoso cameo di Piovani che si gioca l’Oscar per la colonna sonora de La vita e’ bella a poker) a parodie: l’insicura ed afona Marilita Loy, “la piu’ brava attrice italiana”, si rivela gia’ dal nome la caricatura di Margherita Buy.
Miscela dinamitarda che, con lo stesso cattivo cinismo della serie, prende in giro il mondo del cinema a partire dalla programmazione di un multiplex nel periodo natalizio che propone il cartone del momento (per la precisione il classico Heidi) nella doverosa versione 3D e poi il cinepanettone che, finite le mete esotiche, e’ un Natale al Polo Nord. Il depresso Ferretti finira’ per scegliere il cinepanettone e la parodia del genere e’ esilarante.
Dopo aver demolito il prodotto, la satira si concentra sul dietro le quinte dedicandosi all’impietosa analisi delle maestranze cinematografiche: produttori, direttori della fotografia e scenografi vengono mostrati nella loro boria e nel loro fasullo snobismo culturale, insopportabili per Rene’ che pian piano si ritrovera’ ad operare con la sua vecchia e sgangherata troupe. La lavorazione e’ perennemente in bilico e solo l’astuzia di Rene’ riuscira’ a portare a termine l’impresa trasformando quello che era un coraggioso film di denuncia in ben altro, in un finale in cui le risate degli spettatori si deformano in un ghigno amarissimo quando si comprende che la picaresca lavorazione del film a cui abbiamo assistito e’ una tragica metafora della realta’ italiana.
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