Un camaleonte con la passione per il cinema vola fuori dal suo terrario durante un trasloco. La bestiola si ritrova spersa nel deserto del Nevada e finisce nella citta’ di Dirt dove grazie alla sua immaginifica fantasia il camaleonte si crea un’identita’ fittizia: e’ Rango, una leggenda del selvaggio West. Rango viene acclamato sceriffo, ma riuscira’ a sventare la crisi idrica che incombe sulla citta’?
La trama non e’ il punto forte del debutto nel cartoon di Gore Verbinski, per certi versi ricorda un po’ Cars ma l’idea del camaleonte non e’ male. Allevato in cattivita’ Rango ha una vita virtuale ma non ha l’occasione di esercitare il proprio mimetismo naturale e in tutta la pellicola lo vedremo cambiare colore solo una volta in una situazione d’emergenza e con esiti improbabili. Arrivato a Dirt (tradotta malamente in italiano in Polvere) il camaleonte ha l’occasione di mimetizzarsi con gli abitanti del posto e quindi si finge un duro del selvaggio West. Insomma la scelta di avere per protagonista un camaleonte in una storia incentrata sulla finzione la trovo molto sottile.
Se il successo del cartone animato contemporaneo si deve al citazionismo cinefilo, in Rango non si teme di spingere la citazione fino in fondo arrivando anche a una visione di Clint Eastwood con poncho spaghetti western dove il mitico straniero senza nome incarna lo spirito del West. West inteso come metafora di vita a contatto con la natura, esistenza dura che rispetta i ritmi di una natura aspra, ben lontana dalle facilitazioni del progresso: dall’altro lato dell’autosrtada sorge Las Vegas, rappresentazione per eccellenza di spreco e indifferenza ai ritmi naturali, quindi anche la morale ecologista non e’ banale e posticcia.
La pellicola sposa bene le due opposte concezioni del deserto (la vita dura e la dimensione psichedelica) ponendo i due estremi sui due lati dell'autostrada con incitazioni a passare spesso dall'altra parte, e nel film non si teme di passare dalla dimensione western a quella piu' surreale sempre con una forte vena di humor nero.
La vera forza del film pero’ sta nella sgradevolezza dei personaggi: la Pixar ha reso carino anche un ratto di fogna rendendolo compatibile con la linda cucina di un ristorante, Verbinski non indulge troppo neppure verso il suo sgraziato protagonista con quel collo stortignaccolo. Il riferimento potrebbe essere Tim Burton, visto che Borlotta, la lucertola di cui Rango si innamora ricorda vagamente La sposa cadavere. I personaggi secondari sono davvero stupefacenti per l’estro della rappresentazione in particolare la banda di talpoidi orridi e dementi per i continui incesti, chiaro omaggio alle turpi famiglie dei film horror di Tobe Hooper e Rob Zombie.
Commenti