La quattordicenne Mattie Ross si reca a Fort Smith per recuperare il cadavere del padre, ucciso in una rissa. In citta’ l’intraprendente ragazzina si mette alla ricerca del piu’ spietato cacciatore di taglie per esser certa che Tom Chaney, l’omicida del padre venga consegnato alla giustizia. Non contenta di avere assunto Rooster Cogburn, detto Il Grinta, Mattie decide di seguirlo nella ricerca del colpevole per controllare di aver speso bene i suoi soldi.
I fratelli Coen riportano al cinema la figura del Grinta, incarnato nel 1969 da John Wayne nell'omonimo film di Henry Hathaway che gli valse l’unico Oscar. La nuova pellicola, per restare in tema di Academy, ha ricevuto dieci nomination senza portar a casa nessuna statuetta: fatto clamoroso ma che non declassa certo l’opera, anzi!
Perno della nuova versione e’ Mattie, quattordicenne di ferro che non teme di trattare con i piu’ astuti venditori di cavalli ne’ si sente intimorita dalla fama e dal carattere burbero di quello che considera a tutti gli effetti un suo dipendente, lo sceriffo federale Rooster Cogburn. Con la stessa temerarieta’ Mattie contende Chaney al Texas Ranger LaBoeuf anche lui sulle tracce del bandito per processarlo in Texas.
Non c’e’ dubbio che la ragazzina sia la piu’ grintosa tra i protagonisti ma resta pur sempre poco piu’ che una bambina ed e’ proprio il suo punto di vista che i Coen adottano per narrare la storia, un misto di toni fiabeschi e fede biblica. Anche a livello cinematografico ci sono dei rimandi che esulano dal genere prettamente western: sara’ una suggestione mia ma datemi una ragazzina con le trecce che gira con tre uomini e il mio pensiero corre subito a Il mago di Oz e l’apparizione del medico coperto dalla pelle d’orso suffraga la dimensione fantastica del viaggio nelle terre dei Choctaw. Un viaggio che si apre e si chiude tra due luci che bucano la notte, la scena iniziale del cadavere del padre steso a terra e l’apparizione della capanna a cui giunge faticosamente Cogburn con in braccio Mattie morsa dal serpente dopo una folle corsa di ritorno alla civilta' narrata esaltandone le suggestioni magiche.
Se Mattie vive la sua avventura in compagnia del Grinta con fiducioso spirito infantile, la ragazzina non e’ una sprovveduta e ha piena coscienza del bene e del male e conosce l’importanza di un giusto processo non per nulla la sequenza del dibattimento in cui e’ chiamato a testimoniare Cogburn e’ illuminata da una luce quasi mistica che entra dalle finestre. Mattie pero’ sceglie la vendetta: vuole il cacciatore di taglie piu’ crudele e sara’ lei stessa a sparare a Chaney. Potremmo dire che il male entra nel suo corpo (il morso del serpente) e come dice la Bibbia bisogna tagliare cio’ che ci offende ed ecco che l’epilogo del film ci mostra Mattie venticinque anni dopo la sua caccia all’assassino del padre con il braccio sinistro amputato a seguito del morso del crotalo.
Mattie e’ diventata una zitella arcigna, che ricorda un po’ la Lilian Gish de La morte corre sul fiume: mancato per un soffio l’appuntamento con Cogburn, la donna ne fa portare la salma nel piccolo cimitero della sua proprieta’ dove e' solita vegliare sui suoi cari, sapendo che il male e’ sempre all’erta come ci ricorda la canzone finale Leaning on the everlasting arms che nel capolavoro firmato da Charles Laughton era cantata dal “reverendo” Harry Powell (Robert Mitchum).
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