Probabilmente ieri non era la giornata migliore per andare a vedere questa “biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi”, perche’ nel giorno in cui il vegliardo dalla faccia flaccida ha tirato fuori dal cilindro la spudoratissima invenzione dell’Ich bin ein lampedusaner (la battuta geniale non e’ mia ma di Ardemagni a Caterpillar) il documentario sceneggiato da GianAntonio Stella e Sergio Rizzo per la regia di Roberto Faenza e Filippo Macelloni, mostra tutta l’inconsitenza dell’opposizione di sinistra alla macchina da propaganda berlusconiana. L’opera si picca di non usare altro che le parole stesse del premier e quando l’audio originale e’ rovinato si e’ provveduto a far recitare le parole esatte a Neri Marcore’ che imita la voce del berluska. Questa scelta parodistica mi ha urtato in partenza perche’ vela di satira il documentario prestando cosi’ il fianco a facili critiche.
Nonostante le affermazioni di un’ accurata ricerca d’archivio, le immagini usate per narrare la biografia di Berlusconi sono straviste, basta essere assidui spettatori di Blob per conoscere a menadito tutti i siparietti di cui il buon Silvio e’ protagonista. Quest’opera sembra quindi destinata a un pubblico ben preciso, non solo allo zoccolo duro antiberlusconiano, ma a quella frangia piu’ schizzinosa della sinistra che la televisione non la guarda e che quindi puo' ancora stupirsi o scandalizzarsi per le immagini di repertorio usate. Insomma si continua a guardarsi l’ombelico senza neppure piu’ indignarsi perche’ Silvio Forever non pretende neppure di indagare i lati piu’ oscuri del cavaliere, si limita a mostrarci l’immagine di un uomo molto sicuro di se’ che sembra essere arrivato dove e’ arrivato piu’ per caparbia autoconvinzione che per loschi intrighi e che se mai cadra’ sara’ perche’ la troppa sicurezza l’avra’ portato ad abbassare la guardia, insomma la morale e’ quella del vecchio proverbio Chi si vanta s’inguanta.
Piu’ che illustrare come Berlusconi interpreti una certa italianita', la pellicola mi pare illustrare alla perfezione l’inanismo dell’opposizione ormai ridotta ad aspettare sulla riva del fiume che passi il cadavere del nemico a cui, con mia grande irritazione, si sta cominciando a riconoscere la grande abilita’ di comunicatore, cosa anche vera con ogni probabilita’, ma in Italia le santificazioni cominciano cosi’, si inizia a definire uno Il miglior piazzista del mondo (Indro Montanelli) e poi si finisce in gloria dimenticando il senso dispregiativo dell’affermazione.
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