Se devo trovare un difetto macroscopico al film e’ la data di uscita: a poco piu’ di un mese dalla fine della seconda stagione di Romanzo Criminale, chi, come la sottoscritta, ha amato molto quella serie, trovera’ molte, forse troppe analogie tra il biopic sul bel Rene’ e le avventure della banda della Magliana, a partire da luci e scenografie (ineccepibili, per altro) per culminare in un momento di gloria per la banda della Comasina che trionfa in coca e biglietti da centomila che cita praticamente la sigla della fiction.
Anche la costruzione del plot con le avventure infantili che portano in riformatorio Renatino e saldano il suo legame con l’elemento della banda che piu’ gli causera’ guai (un Filippo Timi decisamente sopra le righe) ricorda la partenza di Romanzo Criminale (il film, stavolta).
Forse se Vallanzasca fosse arrivato in sala subito dopo il passaggio veneziano il ricordo di Romanzo Criminale sarebbe stato piu’ sbiadito e la nuova pellicola si sarebbe sottratta al confronto, dettato principalmente dalla nostalgia.
Volendo continuare il paragone tra Vallanzasca e il film Romanzo Criminale, essendo anche dello stesso regista, la storia del bandito milanese dimostra una maggior compattezza registica rispetto al lavoro precedente. Le scene di azione sono degne dei poliziotteschi anni ’70 e merita sicuramente di essere menzionato il montaggio alternato del pestaggio in carcere con l’entrata in discoteca del protagonista, un Kim Rossi Stuart che regala una nuova notevole interpretazione cimentandosi anche con il dialetto meneghino.
Il film non e’ un agiografia di Vallanzasca, ma di certo gli perdona molte cose cose, anche troppe dato che si sarebbe parteggiato per lui come del resto si e’ parteggiato per il Mesrine di Nemico pubblico n. 1: figure che acquistano una loro dimensione epica, per quanto negativa, nel rifuggire dal mondo piccolo borghese a cui appartengono e nel seguire un loro codice d’onore ormai di altri tempi, vedi la battuta di Vallanzasca nell’intervista a Radio Popolare quando dice che non sente di avere nulla in comune con un ragazzino che spara in testa ad una vecchietta per un bottino ridicolo.
Ribadendo che i protagonisti sono negativi e non certo modelli da seguire, resta interessante il lavoro di meditazione storica che molti paesi europei portano avanti attraverso le figure dei grandi banditi che hanno rappresentato un fenomeno storico di ribellione al di fuori dalle ideologie politiche, in un mondo ormai completamente assorbito dal sistema mafioso.
aggiorni cortesemente i cinebloggers? :-D grazie
Scritto da: steutd | 03 febbraio 2011 a 09:33
sono daccordissimo che non gli giova il paragone ravvicinato con romanzo criminale la serie !
Scritto da: alp | 05 febbraio 2011 a 23:58