Angelo, Domenico ed Salvatore sono tre ragazzi cilentani che nel 1828 aderiscono agli ideali unitari e democratici della Giovine Italia di Mazzini. Salvatore, figlio di contadini, dovra’ ben presto abbandonare la cospirazione per sfamare la famiglia e sara’ ucciso come traditore da Angelo, che finira’ ghigliottinato in Francia dopo aver attentato alla vita di Napoleone III. Domenico, dopo aver trascorso decenni nelle carceri borboniche e aver visto confiscate le terre di famiglia, assistera’ al compimento dell’unita’ nazionale, ma la nuova nazione nasce gia’ preda di affaristi e maneggioni.
Che l’Italia fosse nata male, ce lo avevano gia’ raccontato ottimamente romanzi e pellicole, come Il gattopardo che pero’ avevano lasciato sullo sfondo l’epopea garibaldina narrando gli esiti infausti dell’Italia unita. L’opera di Martone si concentra proprio sulle figure che quelle lotte le combatterono credendoci fermamente, narrando quindi il crollo di un sogno: Mazzini appare nel corso del trentennio preso in esame sempre piu’ deluso e chiuso in se’ stesso, Garibaldi e’ solo un’apparizione lontana che sa pero’ infiammare gli animi, lo stesso Angelo diventa una maschera ridicola nel suo continuo tentativo di riscattarsi dall’assassinio di Salvatore ma restando comunque pavido e delatore.
La forza del film sta nel far emergere dai confusi barlumi dei ricordi scolastici figure dalla tragica portata: l’esito disastroso della spedizione di Pisacane e’ solo un racconto tra esuli a Londra ma basta a far risaltare il contrasto tra i fatti storici e il ricordo scolastico delle belle rime de La spigolatrice di Sapri (eran trecento eran giovani e forti e sono morti)
Ancora piu’ dirompente il divario tra storia e leggenda a proposito dello scontro del 1862 in Aspromonte tra garibaldini ed esercito regolare che costo’ a Garibaldi quella ferita ad una gamba su cui tutti, da bambini abbiamo canticchiato e giocato a recitare il ritornello con l’uso di una sola vocale (Goroboldo fo foroto).
Da un punto puramente cinematografico la pellicola si dimostra potente, un grande affresco storico che riesce ad avvincere lo spettatore. Ci sono momenti di grande forza evocativa come il tentativo insurrezionale in Savoia finito male e in un mare di nebbia. Per certi versi poi l'ho trovato molto viscontiano, molto vicino a Senso: gia' solo l'idea di aprire il film con il passaggio di mano dei denari per sovvenzionare la rivolta..
A una grande correttezza filologica Martone unisce degli inserti di contemporaneita’ come il rudere in cemento armato che sovrasta una spiaggia calabrese in cui Domenico e Saverio trovano riparo mentre cercano di raggiungere i garibaldini: le conseguenze di quegli atti pesano ancora sul nostro presente.
Di passaggio da Milano per le feste natalizie son riuscito a vederlo. Peccato che sia in versione short, il tempo è volato via. Vedremo come e se uscirà in Francia. In compenso mancavo da molti anni dalle sale oscure italiane: ma fanno ancora l'intervallo? Ed ancora alla cassa ti guardan male se sei solo? Speravo che certe cose fosser cambiate.
Scritto da: jiro | 29 dicembre 2010 a 22:19
quasi capolavoro
Scritto da: alp | 08 gennaio 2011 a 21:13
A me non è piaciuto.
La parte migliore di questo meraviglioso affresco ... è la calce sulla quale si basa. Un pò come l'Italia d'altra parte. Però diciamoci la verità, il soggetto non era male, la fotografia e la recitazione sono di alto livello ma la sceneggiatura e la regia sono davvero poca cosa. Chissà come mai alla Biennale di Venezia non ha suscitato nessun clamore, se non per i suoi 170 minuti ... Sarà che oggi, per le celebrazioni dell'unità d'Italia, si vuole vendere ai network europei uno sceneggiato televisivo che poteva farsi meglio.
Scritto da: El Gordo loco | 11 aprile 2011 a 20:11