Si e’ spento martedi’ 28 settembre, il regista Arthur Penn, fratello del fotografo Irving Penn e padre del regista televisivo Matthew Penn, nessuna parentela invece con l’attore Sean Penn.
Nato a Philadelphia il 27 settembre del 1922, Arthur Penn studia all’Actor Studios di Los Angeles e muove i primi passi nella televisione iniziando a lavorare nel 1951 per la NBC.
Il debutto cinematografico risale al 1958 con Furia selvaggia, rilettura in chiave psicoanalitica del mito di Billy The Kid visto come un adolescente inquieto interpretato da Paul Newman.
Oltre che alla regia cinematografica, Penn si dedica anche alla regia teatrale e il suo secondo lungometraggio e’ la trasposizione cinematografica di una piece che aveva diretto in teatro, Anna dei miracoli. Rifiutando di scegliere Elisabeth Taylor per il ruolo di protagonista, Penn ripropone sul grande schermo la coppia di attrici della versione teatrale, Anne Bancroft e Patty Duke che vennero premiate con l’Oscar mentre al regista ando’ la sua prima nomination. Nasce cosi’ la leggenda uno dei film che personalmente amo di piu’, girato in un bianco e nero fortemente contrastato come la vicenda di Ellen Keller.
Per la sua terza opera, dopo essere stato licenziato da Burt Lancaster dal set de Il treno, il regista si ispira alla nouvelle vague francese con Mickey One interpretato da Warren Beatty, una pellicola che vuole portare sullo schermo il disagio di una generazione ispirandosi ad una dimensione di angoscia kafkiana.
Nel 1966 e’ la volta de La caccia, con cast d’eccezione: Marlon Brando, Robert Redford, Jane Fonda e Angie Dickinson. La storia dell’inseguimento di un evaso che scatena le reazioni piu’ disparate negli abitanti di una cittadina del Texas pero’ non piacque al produttore Sam Spiegel che licenzio’ il regista e rimonto’ il girato a sua discrezione.
La delusione spinse Arthur Penn a decidere di lasciare il cinema ma Warren Beatty lo convinse a dirigere Gangster Story (1967). La storia violenta di Bonnie&Clyde esaltati come eroi belli e dannati, valse la seconda nomination al regista e fu un grande successo di pubblico. Il film rappresenta il trait d’union tra la nouvelle vague francese e il cinema della nuova Hollywood.
Nel 1969 il regista gira Alice's Restaurant, la ballata sulla cultura hippye che gli vale la terza nomination all’oscar.
Del 1970 e’ Piccolo grande uomo il film che insieme a Soldato blu dello stesso anno, contribuisce a smontare il mito della Frontiera e a rivalutare il genocidio degli Indiani d’America.
Nel 1975 Penn tratteggia il ritratto di un grande loser in Bersaglio di notte, storia di un investigatore privato (Gene Hackman) alle prese con una vicenda lavorativa piu’ grande di lui a cui si intrecciano le sue disavventure personali (il tradimento della moglie).
Del 1976 e’ Missouri, ancora una volta un western che dissacra la mitologia del genere, uno scontro tra allevatori e ladri di bestiame interpretato da Jack Nicholson e Marlon Brando.
Gli amici di Georgia del 1981, e’ forse il suo ultimo capolavoro, pur avendo una fama molto inferiore ai suoi lavori precedenti. Diradata l’attivita cinematografica che termina nel 1990 con Con la morte non si scherza, Arthur Penn chiude la sua carriera con lavori televisivi, lo stesso settore in cui aveva esordito.
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