Italia 1941
con Gino Cervi, Massimo Girotti, Elisa Cegani, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Primo Carnera
regia di Alessandro Blasetti
L’imperatore Costantino invia al Papa la miracolosa Corona di Ferro e nel lungo viaggio da Costantinopoli a Roma gli emissari dovranno attraversare una terra sconvolta dalla una sanguinosa guerra tra due popoli vicini. Il sovrano Licinio, sconfitto il popolo di Artace, vorrebbe siglare una pace onorevole ma ancora sul campo di battaglia viene ucciso a tradimento da una freccia e il suo crudele fratello Sedemondo si impossessa del potere, riducendo in schiavitù il popolo di Artace. Mentre torna a Kindaor, Sedemondo viene a conoscenza del passaggio sulle sue terre della Corona di Ferro e decide di impossessarsene ma una anziana donna che vive nel bosco lo avverte del futuro di morte che attende la sua unica figlia se tenterà di toccare la sacra corona. Sedemondo cerca di tutti i modi di sventare il destino arrivando a rinchiudere la figlia in una torre e gettando il figlio di Licinio nella Valle dei Leoni, ma dopo vent’anni Elsa si innamorera’ di Arcinio e sulla lora strada ci sarà Tundra, la ribelle figlia del re Artace..
Il film vinse a sorpresa la IX Mostra di Venezia, facendo dire a Goebbels che “un regista tedesco ch avesse girato questo film, oggi in Germania sarebbe stato messo al muro”, La corona di Ferro appartiene infatti a quel filone di pellicole con venature sovversive benché nate sotto il controllo del Minculpop e in questo caso siamo di fronte a un chiaro apologo pacifista e nella figura di Sedemondo si può ravvisare anche una critica alla stesso Mussolini.
La pellicola di Blasetti riesce a divertire ancora oggi grazie alla grande abilità del regista di modulare i vari registri, dal drammatico al tono favolistico, dal comico alle scene d’azione senza mai scadere nella magniloquenza che un’opera così costosa poteva comportare.
Si tratta infatti di un kolossal fantasy girato già in piena seconda guerra mondiale con grande dispendio di comparse e belve feroci sulla falsa riga dei kolossal storici di Pastrone. Si alternano senza soluzione di continuità scene en plein air e ricostruzioni in studio con fantasmagoriche invenzioni nei costumi e nelle scenografie (il palazzo di Kindaor racchiude reminiscenze del Castello Sforzesco di Milano e del Palazzo Ducale di Venezia mischiate alle solide architetture delle piazze umbro-toscane).
La raffinatezza della messa in scena è evidente già in apertura: la leggenda della corona di ferro viene raccontata con il classico escamogate di aprire un volume, espediente usato centinaia di volte per dare la dimensione favolistica della narrazione, ma mai all’apertura della copertina è seguita la lettura di didascalie in caratteri gotici con le iniziali e i bordi del foglio tutti perfettamente miniati, restituendo fedelmente la struttura di un codice medievale.
Cast all stars: Gino Cervi gigioneggia da par suo nelle vesti di Re Segemondo, Massimo Girotti ha il doppio ruolo di Licinio e suo figlio Arminio, bello come un dio greco, atletico come Tarzan e ribelle come Robin Hood. Doppio ruolo di madre e figlia anche per le due interpreti femminili: Elisa Cegani, la languida eroina di tanti film storici, veste la sua diafana Elsa di una vena di malignità mentre Luisa Ferida interpreta una passionale e malmostosa Tundra. Osvaldo Valenti è il cattivissimo principe dei Tartari, Eriberto (!) mentre la vecchia col fuso è un’arguta Lina Morelli. Il campione di boxe Primo Carnera è Klasa, fedele servo di Tundra.
Il film si può inserire nella diatriba su quale sia il primo film italiano a mostrare un seno nudo: notoriamente il primato spetta a Clara Calamai ne La cena delle beffe (film successivo di Blasetti) ma potrebbe essere anticipato dal vedo non vedo delle vesti stracciate della comparsa Vittoria Carpi proprio ne La corona di Ferro.
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