In un futuro apocalittico un Uomo e un Bambino attraversano le lande desolate di un pianeta dove ogni forma di vita sta scomparendo per cercare di raggiungere il mare e una speranza di vita migliore. L’Uomo e il Bambino sono padre e figlio, la madre si e’ lasciata morire nel gelo, incapace di accettare un mondo dove gran parte degli uomini hanno ceduto al cannibalismo pur di sopravvivere.
Una settimana infelice per l’uscita di questo film che omette di specificare quale sia l’evento catastrofico che ha distrutto il pianeta, ma inquinamento o esplosione nucleare, che importa? Tra l’oscena falla petrolifera americana e i deliri omicidi israeliani, il terribile futuro descritto dalla pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy non e’ poi cosi’ lontano.
The road ha alimentato di angoscia il mio pessimismo e non sono riscita a cogliere appieno il senso di speranza avvolta nella figura del Bambino, vero protagonista della pellicola che vediamo all’inizio del viaggio timoroso e completamente dipendente dal padre (un bravissimo Viggo Mortensen il cui volto sembra scolpito nel legno). Dopo la scoperta del rifugio con le scorte di cibo, la sua figura si fa piu’ autonoma rivelando uno spirito compassionevole e salvifico in netto contrasto con lo stato d’animo del padre, che la sua ossessione parentale rende sempre piu’ pessimista lasciandogli come unica via di fuga il rifugiarsi nei propri ricordi del mondo prima della catastrofe. Per raccontare questa evoluzione si ricorre a un mezzuccio, a un certo punto il padre si rivolge al Bambino con un aggettivo al femminile e il bagno rivela tratti femminei nel volto del ragazzo, l’attenzione dello spettatore si concentra sul Bambino pensando che forse la sua unicita’, che richiede cosi’ tante cure stia nel suo sesso, forse e’ l’unica ragazza sopravvissuta, ma alla fine scopriremo che non e’ cosi’.
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