La morte dell’amata moglie Elena durante il parto del loro terzo figlio, porta Claudio a ricattare il suo capo per farsi concedere l’appalto di una palazzina, ma portare a lavori non sara’ un’impresa cosi’ facile..
L’ultima fatica di Lucchetti mi ha colpito molto perche’ rispecchia abbastanza fedelmente alcune conclusioni a cui sono arrivata ultimamente sulla condizione del nostro paese, sulla nostra vita, appunto.
Di fondo io credo che uno dei guai principali di questo paese sia stato il passaggio improvviso dalla campagna alla citta’ negli anni del boom economico, la fuga delle campagne per andare a star meglio (nel senso dei servizi base, acqua gas) nelle grandi periferie urbane non ha coinciso con un’evoluzione culturale, e’ come se si sia perso un passaggio, se si fosse saltata una generazione. I personaggi de La nostra vita che non sono mai ne’ completamente buoni o cattivi mi sembrano rispecchiare a pieno questa mia idea. C’e’ nell’animo dell’italiano un bisogno di arraffare, di fare il furbo che deriva da una fame e una poverta’ atavica ed ecco che Claudio non si lascia l’occasione per imporre la propria volonta' al suo datore di lavoro che ha sua volta lo frega rifilandogli la palazzina con maggiori problemi per poter ritornare nella sua posizione di forza ricavandoci in aggiunta il lavoro fatto dalla squadra di Claudio.
Stesse radici ataviche di pieta’ albergano nei due personaggi: Porcari confessa di non dormire la notte per la morte sul lavoro che ha sulla coscienza e Claudio, che ha sfuttato questo tragico evento a proprio vantaggio ripiana la propria coscienza adottando il figlio del guardiano notturno morto in cantiere.
Ancor piu’ atavico il senso di appartenenza al nucleo familiare, a cui si torna sempre nel momento del bisogno e nelle cui braccia amorevoli si trova sempre un rifugio anche quando si sbaglia.
Non c’e’ stata evoluzione neppure nella concezione architettonico/paesaggistica di questa nazione: da cinquant’anni si continuano a costruire palazzine di periferia (per chi poi, dato che nel 2009 in Italia ci son stati piu’ decessi che nascite e gli immigrati non li vogliamo) con una terrificante omologazione del paesaggio, il film e’ ambientato a Roma ma se non fosse per l’accento dei protagonisti non riusciremmo a capire in quale parte di Italia ci troviamo perche’ ormai dalla metropoli alla cittadina di provincia, tutti i centri urbani sono circondati da queste new town che non gravitano piu’ attorno al centro storico della citta’ ma attorno al grande centro commerciale e una delle scene che piu’ mi ha fatto tristezza e’ quella del saggio di danza svolto nel centro commerciale, almeno ai miei tempi ci si esibiva nel teatro cittadino!
Persa la dimensione agricola con i suoi ritmi e i suoi riti, l’Italia delle periferie mantiene la sua identita’ nella nuova ritualita’ del consumismo che nel suo insistere sull’idea del nuovo ha rimosso il concetto di morte. Claudio non ha quindi elementi per affrontare la tragedia inaspettata che gli e’ capitata se non negando incondizionatamente il proprio dolore e soffocare quello dei figli con l’acquisto spasmodico di nuovi oggetti.
Attenta analisi ma il film è riuscito in parte. C'è solo una scena potente,quella del funerale, il resto somiglia poco al cinema
Scritto da: alp | 13 giugno 2010 a 01:45
deludente
Scritto da: alp | 09 luglio 2010 a 23:28