Due coppie di amici poco piu’ che quarantenni affittano una villa sul litorale laziale per trascorrervi le vacanze estive. Verranno raggiunti da David, il figlio ventenne di di una delle due coppie. La presenza del bellissimo ragazzo fara’ saltare gli equilibri emotivi del quartetto, in particolare Matteo, stimato analista, non riuscira’ a controllare la sua passione amorosa per il giovane. Gli esiti saranno funerei.
Gli esiti sono funerei anche per la pellicola che si dimostra interessante nella prima parte in cui si analizzano le psicologie dei vari componenti del gruppo ma scade tragicamente nel prevedibile quando la storia d’amore tra Matteo e David prende il sopravvento.
Melodramma troppo celebrale e spiegato per coinvolgere davvero, al film va riconosciuto il merito di saper gestire con raffinatezza alcune scene ad alto rischio di comicita’ involontaria, grazie alla bravura degli attori e allo stile elegante del regista. Quando Thiago Alves si masturba sulle note di Maledetta primavera, Filiberti sa trasformare il ragazzo in un bellissimo Ganimede: luci e pose si rifanno espressamente alla pittura seicentesca, mentre il pianto di Matteo che ha intravisto la scena dalla finestra e’ davvero commovente.
Il passo successivo nel rapporto tra i due amanti e’ quello che segna la deriva deludente: i due si incontrano sulla spiaggia in una notte di plenilunio che illumina un vecchio rudere sul promontorio. In questo scenario teatrale Matteo offre a David da bere e il collegamento con il filtro d’amore bevuto da Tristano e Isotta nella rappresentazione teatrale con cui si apre il film e’ scopertissimo e da quel momento la tragedia e la musica wagneriana scandiranno l’evolversi della vicenda che si concludera’ con la morte prevedibilissima (per altro gia’ anticipata da una morte in spiaggia) di uno dei personaggi. I sopravvissuti siedono attoniti attorno alla tavola e mentre si fa largo nelle loro menti il motivo che ha causato l’incidente, il film si chiude su un tramonto dove i raggi photoshoppati del sole squarciano le nubi, a ribadire l’eccessiva teatralita’ di un film interessante sulla carta ma che non ha saputo mantenere le promesse: i personaggi manifestano tutti i luoghi comuni sull’alta borghesia di cui fanno parte: si legge Proust e Doris Lessing (le donne) mentre si parla del nulla, sfogliando la guida rossa del Touring.
Le motivazioni che stanno alla base dell’innamoramento di Matteo sembrano quasi il rovescio di quelle espresse da Povia: persi entrambi i genitori durante l’adolescenza, Matteo ha dovuto rimboccarsi le maniche per farsi una posizione, l’impegno nello studio e nel lavoro lo ha reso rigido e il successo gli ha causato un senso di superiorita’ verso la moglie e gli amici, a quarant’anni si ritrova a fare i conti con un’omosessualita’ latente che non ha mai avuto il tempo di affrontare.
Ultimo appunto di contestualizzazzione storica: se uno ha passato da poco i quaranta, da adolescenze di scatenava sulle note dance dei Duran Duran &Co, ed era refrattario alla discomusic di fine anni ‘70 che insieme a Maledetta primavera appartiene ai must dei neo cinquantenni.
Commenti