Rimango sempre un po’ spiazzata davanti alle critiche che si fanno ad opere come quella di Sabina Guzzanti a cui si rimprovera principalmente il fatto di essere troppo di parte e particolarmente tendenziose. Qualsiasi film o opera letteraria, anche la piu’ fantasiosa (pensiamo alla saga di Harry Potter) esprime sempre un punto di vista e una morale, perche’ i “documentari alla Michael Moore” non possono farlo? Solo perche’ usano materiale di repertorio e non girato originale per sostenere la loro tesi? Da qui nasce l’accusa di manipolazione?
Viviamo in era in cui l’informazione drogata a livello internazionale ci ha portato alla guerra giurando e spergiurando sull’esistenza di fantomatiche armi di distruzioni di massa poi rivelatisi inesistenti; la crisi economica, sia la prima tornata americana che il rigurgito greco, nasce da informazioni falsate sui bilanci di banche e nazioni, pero’ ce la prendiamo solo con personaggi come Moore o la Guzzanti la cui posizione politica e’ piu’ che lampante, perche’ propongono un rovesciamento di prospettiva usando le stesse immagini servite per propagandare l’esatto contrario. Io penso che la bonta’ di questo tipo d cinema stia proprio nella capacita’ di elaborare un ragionamento che fili logicamente, a cui si puo’ credere o meno, quello sta alle convinzioni politiche di ognuno, ma che se non altro ricorda a tutti che il documento visivo, fondamento della cultura contemporanea, non contiene la verita’ assoluta e puo’ essere facilmente distorto.
Venendo allo specifico di Draquila certamente Sabina Guzzanti ha picchiato molto duro nell’attacco a Berlusconi accusato esplicitamente di utilizzare la Protezione Civile (o almeno i vertici dell’organizzazione) per attuare la sua deriva autoritaria. Sono accuse molto disturbanti anche per chi non ha mai amato Berlusconi, perche’ accettarle significherebbe scuotersi dal torpore che da anni incombe sul Paese, del resto come sostiene l’intervista finale, finche’ non ci torturano fisicamente e ci lasciano la nostra parvenza di liberta’ possiamo accettare (quasi) tutto.
ciò che non mi convince in questo documentario non è tanto il fatto di "essere di parte" quanto il fatto che, per voler dimostrare le proprie tesi, si perde di obiettività ed oggettività nelle critiche. Mi sembra esagrato descrivere le tendopoli dei rifugiati come dei lager nazisti, e gli uomini della protezione civile come militari delle SS, credo bisognerebbe realizzare opere di denuncia come questa con maggiore oggettività.
Saluti
Scritto da: Monsier Verdoux | 05 ottobre 2010 a 23:02