Quarto dei Mille, il luogo da dove 150 anni fa Garibaldi partiva per creare una nazione, e’ oggi approdo di disperati, rigettati sulla riva dai marosi della vita. Sulle suggestioni del romanzo verista di Remigio Zena da cui il film prende il titolo, la telecamera del regista Pietro Marcello sceglie di seguire la storia di un uomo, Enzo, siciliano emigrato giovanissimo a Genova, cresciuto malamente tra i vicoli destinato a una vita fuori e dentro il carcere fino alla notte brava che gli costa la detenzione piu’ lunga. Lo ritroviamo spaesato a fine pena mentre cerca di orizzontarsi in una citta’ cambiata nella fisionomia e nelle opportunita’, avendo come unico punto fermo Mary, il trans conosciuto in carcere da cui e’ legato da piu’ di vent’anni e con cui condivide il sogno di una casetta sulle alture di Genova, con un po’ di terra per farci l’orto e far vivere i cani.
E forse a colpire di piu’ della semplicita’ con cui viene raccontata la storia d’amore tra Enzo e Mary, e’ proprio il loro desiderio della casetta in campagna che li accomuna a tre quarti di quegli italiani che a novembre, mentre questo film documentario vinceva il Torino Film Festival, spiavano morbosamente la realta’ trans dal buco della serratura offerto dalle trasmissioni di Vespa&C.
Ma La bocca del lupo non e’ solo il racconto di due vite ai margini, e’ un atto d’amore smisurato verso Genova, raccontata attraverso immagini di repertorio ed infatti il film e’ dedicato a chi ha filmato la citta’ negli ultimi cento anni. Si va dai filmini di inizio secolo che mostrano le vacanze al mare, ai reportage sulla evoluzione economica negli anni del boom. L’evoluzione di una citta’ che ha perduto la sua dimensione prettamente industriale per trasformarsi in qualcosa di ancora indefinito. Chi conosce solo un poco Genova non fatichera’ a riconoscere Via del Campo, Caricamento, luoghi dove turismo e marginalita’ si mischiano, l’abilita’ di Pietro Marcello sta nel filmarli in una dimensione notturna fatta di spazi vuoti e asfalti luccicanti di bagnato che sottolinea la malinconia e la disperazione di chi vive ai margini.
Proiettato in formato quattro terzi, proprio per non snaturare le immagini di repertorio che tanta parte hanno nella pellicola, La bocca del lupo coniuga in una dimensione poetica e straniante la valenza neorealista del cinema italiano con il retaggio pasoliniano nella lettura della trasformazione del tessuto urbano, ma c’e’ anche un incredibile tocco futurista nel montaggio di luci notturne che racconta la notte brava del protagonista.
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