Dieci inverni e’ il lasso di tempo che ci mette a maturare l’amore tra Camilla e Silvestro che si conoscono sul traghetto appena arrivati a Venezia per intraprendere gli studi universitari. Dieci anni in cui il tempo del cuore dei due giovani non collima mai, tra altre storie, orgoglio e incomprensioni.
Il debuttante Valerio Mieli realizza un piccolo gioiello che coniuga la semplicita’ degli amori giovanili narrati da Eric Rohmer con l’andamento circolare della storia che trovera’ compimento dove era iniziata dieci anni prima con una notte d’amore negata (omaggio a Mitchell Leisen?) nella piccola casa sulla laguna.
L’inverno come metafora del freddo del cuore: infatti il giorno in cui il gioco tra Silvestro e Camilla si scioglie c’e’ finalmente un bellissimo sole.
Oltre a un clima poco cinematografico, anche la Venezia illustrata nel film non e’ quella turistica, ma la Venezia dimessa di chi ci vive quotidianamente, soprattutto dagli studenti che si devono arrangiare in appartamenti scrostati a prezzi esosi (vedi la sorta di basso "capolavoro di logistica").
La fotografia di una Venezia insolita e perennemente nebbiosa salta all’occhio perche’ ormai gli angoli piu’ caratteristici e le belle giornate sono le location tipiche di film e fiction, soprattutto italiane e sinceramente colpisce anche la rappresentazione di una gioventu’ universitaria diversa dal modello imperante di Moccia o di quello di veline e tronisti: Isabella Ragonese non ha una scena in minigonna ma recita sempre in pantaloni e maglioni oversize. Finalmente sullo schermo un mondo che sappiamo esistere ma che non vediamo mai rappresentato e recuperare questo film al cineforum giusto il 25 marzo, e’ una lancia per spezzare l’omologazione tanto quanto guardare Santoro via web.
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