Aman e’ un ragazzo somalo, trasferitosi a Roma nella prima infanzia; soffre di insonnia e trascorre le notti sui tetti dei palazzi. Una notte incontra Teodoro, ex pugile quarantenne in profonda crisi depressiva, tra i due nasce un’amicizia..
Non e’ un paese per neri, titolava un servizio di una testata sportiva de La 7 andato in onda questa settimana e la parafrasi del titolo del romanzo di McCarthy si adatta bene anche la vicenda di Aman. Lui in realta’ italiano ci si sente, ha i modi indolenti dei poveri ma belli del neorealismo rosa o de I Vitelloni: tampina ragazze rigorosamente bianche e lavora come lavamacchine in un autosalone di lusso con la certezza di poter essere un grande venditore, ma il suo capo lo mette regolarmente al suo posto e anche Teodoro gli fa presente che non si e’ mai visto un negro vendere macchine.
Il rapporto con Teodoro e’ strano e misterioso, il ragazzo teme anche delle avances sessuali da questo strambo quarantenne che non esce di casa da tre anni, ma non e’ un rapporto di sesso quello che interessa a Teodoro, che continua a riempire di soldi le tasche di Aman, le motivazioni sono meno banali e per certi versi piu’ egoistiche e daranno uno scossone al ragazzo che ne trae uno spunto per maturare e seguire l’esempio dell’amico Said.
Good Morning Aman e’ un film complesso, probabilmente riuscito solo in parte anche a causa di un certo compiacimento dell’autore di insistere su stilemi registici come l’estrema sfocatura: la macchina da presa e’ sempre addosso a personaggi, anche se l’estrema apertura dell’obbiettivo non riesce/vuole penetrare la loro interiorita’.
Sicuramente di estremo interesse la prova attoriale di Valerio Mastandrea: Teodoro entra nella sua lunga galleria di personaggi disadattati, incapaci di gestire la loro vita, ma l’ex pugile si distingue dagli altri “sfigati” di Mastandrea per il mistero ambiguo e cattivo che nasconde soprattutto nello sguardo creando una caratterizzazione inattesa e inquietante.
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