L’uomo nero e Il mio amico Eric sono due film molto diversi tra loro però stranamente accomunati dall’elemento fantastico e dalla capacità dell’insignificante uomo qualunque di fare gesti imprevedibili che sanno capovolgere le situazioni. Si esce da entrambe le visioni con l’animo sollevato e allegro, carichi di un ottimismo alla Frank Capra, anche se nei tempi di tremenda omologazione che stiamo vivendo, totalmente rassegnati all’arroganza di qualsiasi forma di potere (culturale e criminale nelle due pellicole) l’idea della ribellione imprevista può essere affidata solo ai toni favolistici.
Il film di Sergio Rubini racconta una storia di aspirazioni frustrate nella Puglia di fine anni’60: il capostazione Ernesto Rossetti ha velleita’ pittoriche che si ispirano a Cezanne. I suoi sogni di gloria sono pero’ osteggiati da chi detiene il potere culturale nel paese: l’avvocato e il professore di storia dell’arte che tiene una rubrica di critica sulla gazzetta locale dove stronchera’ drasticamente la mostra del capostazione. L’uomo troppo preso dal tentativo di sfuggire alla mediocrita’ della vita di provincia e’ piuttosto disattento nei confronti del figlio, Gabriele, che dotato di estrema sensibilita’ vede il padre come l’uomo nero del titolo. Rubini sceglie il punto di vista del ragazzino per raccontarci la vicenda e la telecamera e’ spesso ad altezza di bimbo riprendendo la vita e fianchi degli adulti. Pur essendo una pellicola molto equilibrata nei suoi vari aspetti, L’uomo nero ha il suo punto di forza nella ricostruzione puntuale della vita meschina della provincia anni’60, anche nella ricostruzione cinematografica o linguistica, ad esempio non sentivo chiamare il Meridione Bass’Italia dalla fine degli anni ‘70!
Il mio mio Eric e’ l’ultima fatica di Ken Loach sempre interessato ai problemi della working class. Eric Bishop e’ un postino in crisi depressiva: abbandonato dalla seconda moglie che gli ha lasciato in custodia i figliastri, in realta’ non riesce a dimentare la prima moglie Lily, che ha abbandonato appena ventenne con la figlioletta neonata. Dopo un breve periodo in una clinica psichiatrica Eric torna a casa dove trova il sostegno degli amici, ma soprattutto immagina di confidarsi con il suo idolo, il campione di calcio Eric Cantona. Seguendo i consigli del mitico e bizzarro King Eric, star del Manchester degli anni’ 90, Bishop riuscira’ a rimettere insieme i pezzi della sua vita e a salvare il figlio dai ricatti del delinquente del quartiere .
Anche se i tono sono quelli leggeri della commedia, Loach non rinuncia ai temi di denuncia a lui cari ponendo come sempre al centro del film una questione morale che il protagonista deve affrontare al di fuori delle leggi dello Stato. Questa volta a risolvere i dilemmi della coscienza Loach chiama in causa gli amici e le leggi del calcio, che nei suoi aspetti piu’ alti diventa metafora di vita, non mancando di denunciare anche l’imbarbarimento di questo sport, oramai non piu’ per famiglie.
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