“Questo potrebbe essere il mio capolavoro” e’ la battuta che chiude il film di Tarantino e se dobbiamo interpretarla come un commento del regista alla sua opera, beh mi trovo a dissentire almeno in parte: probabilmente questo e’ il capolavoro di Tarantino, PER ORA. Il regista ci sta abituando ad un costante aumento del livello delle sue opere che riescono sempre a sorprendere critica e pubblico: giuro di aver partecipato a un applauso alla fine di Inglorious basterds, evento decisamente raro per una normale proiezione serale a meta’ settimana in un cinema di provincia!. Credo che sia dai tempi di Hitchcock che pubblico e critica non vadano cosi’ a braccetto nel gradimento di un autore.
Con il consueto gioco di citazioni che e’ ormai definitivamente la sua cifra stilistica, Tarantino riesce comunque ad aggiungere una riflessione personale sulla seconda guerra mondiale, se consideriamo il primo capitolo non solo come esempio mirabile di cinema alla Sergio Leone, ma per quello che ci racconta, vediamo il capovolgimento della classica figura del commando nazista che arriva per snidare degli ebrei. L’idea di una scena simile e’ di violenza e sopraffazione invece Tarantino gioca con lo spettatore che vive in un ansia tremenda aspettando che esploda la rabbia nazista e ci mette di fronte a un colonnello delle SS che preferisce giocare perfidamente su un piano di finta gentilezza e disponibilita’ manovrando la volonta’ di LaPadite, che non sembra certo essere uno sprovveduto, eppure io credo che questo primo capitolo, mirabile per costruzione e messa in scena, sia anche fortemente realistico: che la speranza (o l’illusione) di poter vivere in pace abbia portato alla delazione piu’ che le presunte invidie tra vicini. Del resto che faccia piu’ paura l’idea che si ha della propria paura che la paura stessa lo dimostra il capitolo seguente quando la macchina da presa indugia a lungo sul nero della grotta da cui deve uscire il terribile orso ebreo, uno della squadra dei bastardi che ama eliminare i tedeschi con una mazza da baseball.
Piccolo plotone di soldati americani di origine giudaica, raccolti dal tenente Aldo Raine che pretende una quota fissa di scalpi nazisti dai suoi sottoposti (l’unico mio cruccio nei confronti del film? che non li scalpassero da vivi!) i bastardi senza gloria danno il titolo al film ma non sono proprio i protagonisti della pellicola, insieme a un soldato dell'intelligence inglese e la collaborazione di un’attrice tedesca cercano di attentare alla vita di Hitler e degli alti gerarchi nazisti alla premiere francese de Orgoglio della nazione, pellicola propagandistica che narra le gesta di un soldato semplice. Ma il destino si fa beffe dei nostri eroi e la bella attrice finisce nell’incubo di una favola di Cenerentola al contrario dove non e’ il principe a porgere la scarpetta, ma la morte nei panni dannatamente melliflui del colonnello Hans Landa. Destino beffardo che pero’ sorride a Shosanna, la fanciulla scampata allo stermino della sua famiglia raccontato nel primo capitolo e che ha trovato rifugio a Parigi e sotto mentite spoglie dirige una piccola sala cinematografica. Fredrick Zoller, protagonista dell'eroica vicenda e della sua trasposizione cinematografica si infatua di lei e riesce a far spostare la proiezione nel cinema della ragazza, dandole cosi’ modo di organizzare la sua vendetta..
Il cinema come mezzo e motivo della vendetta, furore iconoclasta e delirio cinefilo si fondono nella montagna di pellicola ammucchiata dietro lo schermo e dai tempi del Don Quixote wellesiano la ripresa di un immagine trasmessa sullo schermo (alludo alla risata di Soshanna alla fine del suo messaggio) non aveva una valenza cosi’ simbolica e potentemente emotiva.
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Devo dire che dopo i primi 4/5 minuti, dove stavo per pensare che il film sarebbe stato noioso, mi sono dovuto assolutamente ricredere.
I 153 minuti sono passati in un baleno e mi associo all' applauso finale.
Scritto da: roy | 26 ottobre 2009 a 18:44
Io al contrario ho trovato l'incipit davvero da capolavoro:Anche il resto è bello, pero'
Scritto da: alp | 13 novembre 2009 a 16:07