Oltre mezzo secolo di storia di Bagheria, citta’ natale del registra narrate attraverso le vicende di Peppino, umile figlio di contadini amanti della letteratura e della politica.
Lo stile e’ quello enfatico di Tornatore ma il tono con cui e’ trattata una materia che potrebbe esser graffiante e’ sempre dimesso: le lotte dei sindacalisti comunisti che rivendicano le terre alla mafia rimangono sullo sfondo e gli scontri politici hanno il tono bonario di Don Camillo e Peppone, a partire da quello tra fascisti ed antifascisti per finire con la scena da commedia di Peppino che di buon ora viene salutato dalla moglie trepidante sulla soglia di casa perche’ deve andare alla manifestazione, stesso sentimento vive la dirimpettaia che saluta il marito, celerino di pattuglia alla medesima manifestazione: ovviamente i due torneranno malconci dalle due donne che ascoltano le notizie dalla stessa radio; la scena e’ anche carina ma purtroppo e’ il massimo sforzo che Tornatore fa per raccontare lo scontro ideologico. Ovvio che questa immagine all’acqua di rose della politica che pervade la pellicola abbia fatto gridare al capolavoro Berlusconi e forse sara’ anche uno dei fattori che potrebbe portare il film a vincere l’Oscar perche’ questa e’ l’immagine dell’italia che piace all’estero: poverta’ e cuore d’oro.
Cuore d’oro che il buon Peppuccio non ha certo dimostrato di avere nei confronti degli animali a loro sono affidate tutte le scene cruente a cui non arrischia i suoi eroi: pesci appesi, vacche moribonde fino alla discutibile scena dell’uccisione del toro, girata all’estero perche’ in Italia sarebbe stata illegale, ma cosa non si fa per amore dell’arte! Pero’ io come spettatrice vorrei essere avvisata quando ci sono scene cosi’ crude nei confronti degli animali, perche’ bisogna solo allertare gli animi sensibili alle scene di sesso?
Tornando a Baaria, Tornatore vorrebbe dare al suo film un realismo magico che celebri il legame con il mondo atavico del passato, anche attraverso il rapporto duro con il mondo animale e allora il doppio ruolo per Lina Sastri che, morta come nonna di Mannina, torna come veggente sosia della madre di Sarina, con Luigi Lo Cascio coma figlio scemo al seguito e poi l’assurdo finale del risveglio di Peppino nella congestionata Bagheria odierna, la sequenza non aggiunge nulla alla pellicola, se non un ulteriore quarto d’ora da passare ingannando il tempo nel riconoscere i camei dei vari attori.
Forse davvero la vastita della materia ha fatto si’ che il film scappasse di mano a Tornatore, che pure qualcosa di buono dice nel suo film: nelle immagini computerizzate della vecchia Bagheria fino allo sviluppo selvaggio senza piano regolatore c’e’ una velatissima critica ai palazzinari che hanno rovinato l’Italia ispirata anche a Rosi e il suo Le mani sulla citta’ visivamente rappresentate dalle sgrinfie ingorde dell’assessore cieco sul plastico dei nuovi quartieri.
Tutto molto vero. Io l'ho assorbito lasciandomi cullare dalla poesia di cui Tornatore è maestro, ed è il modo che mi piace assistere ad un film; però qualche concessione gratuita alla spettacolarizzazione in alcune scene è un po' il tasto dolente della pellicola.
Scritto da: Robi | 19 ottobre 2009 a 20:44
A volte retorico, a volte macchiettistico... Il grande spettacolo c'è, manca però un vero e proprio intreccio narrativo (sembra più un riassunto della nostra storia). L'impressione è che Tornatore abbia pensato molto al mercato estero...
Scritto da: cinemaleo | 23 ottobre 2009 a 05:24
infatti a venezia il soprannome era " nuovo cinema paraculo "
Scritto da: alp | 26 ottobre 2009 a 13:25
Scusami ma potresti aggiungere (in ritardissimo) il link al mio breve post nella Connection? http://unodipassaggio.splinder.com/post/21632981/PALAGON%C3%8CA
Grazie mille e scusami ancora.
Scritto da: UnoDiPassaggio | 04 novembre 2009 a 21:06