
Ci sono mostre che sanno farsi ricordare per la piacevolezza inaspettata dell'esperienza e
Egitto - Tesori sommersi alla Venaria Reale e’ sicuramente una di queste.
Il percorso espositivo narra dei ritrovamenti subacquei avvenuti nei pressi di Alessandria che hanno permesso di scoprire l’esistenza della citta’ di Canopo ed Heracleion, sommerse dalle acque in eta’ cristiana. Si tratta di opere votive od oggetti di uso quotidiano del periodo tolemaico, raffinati manufatti che con buona probabilita’ non aggiungono nulla di rilevante da un punto di vista scientifico all’egittologia, ma del resto questo e’ un caratteristiche delle mostre di grande richiamo.
La peculiarita’ della mostra di Venaria e’ la grande attenzione prestato all’allestimento, creato da Robert Wilson: una decina di sale molto diverse tra loro che al forte impatto visivo uniscono un accompagnamento sonoro di grande effetto curato da Laurie Anderson. La visita cosi’ si trasforma da semplice passeggiata tra reperti archeologici in un esperienza che coinvolge sensorialmente ed emotivamente lo spettatore isolandolo dalla folla di altri visitatori con il vantaggio di annullare il fastidioso brusio dei commenti altrui e rendendo meno nervoso il pigia pigia per leggere le didascalie.
Ci sono mostre che sanno farsi ricordare per la delusione che comportano, tra queste va annoverata la mostra su
Fabrizio de Andre’ che si tiene al Palazzo Ducale di Genova, un tentativo mal riuscito di rendere fruibili in maniera multimediale interviste e parte dell’innumerevole materiale cartaceo lasciato dal grande cantautore.
Se la prima sala riesce ad attrarre l’attenzione del visitatore con testi di canzoni e scritti privati di De’ Andre’, che partono da una sua letterina a Gesu’ Bambino scritta nella prima infanzia, mentre su schermi trasparenti scorrono materiali inerenti alle canzoni piu’ rappresentative dei temi principali della poetica del cantante genovese, le rimanenti altre tre sale, molto piu’ anguste, soffocano il desiderio dello spettatore di fruire le ingegnose soluzioni multimediali che la mostra mette a disposizione: schede in plexiglas che inserite in appositi totem fanno partire interviste o documenti riguardanti un determinato periodo della vita di De Andre’ oppure tavoli di legno che sanno riconoscere l’LP che ci si appoggia sopra mostrando video delle canzoni contenute o interviste ai collaboratori del disco e tutta un’altra serie di informazioni relative all’opera. Peccato che questi strabilianti tavoli siano solo 3 mentre i totem siano al massimo 5 , c’e’ quindi una grossa difficolta’ nel trovarli liberi e l'ambiente, reso soffocante e claustrofobico dalla pesante tappezzeria nera, non predispone per nulla all’attesa.
Terminata la visita alle quattro sale (tengo a sottolineare il numero per dimostrare come sia impossibile creare una mostra esaustiva sull’intera vita artistica di un autore prolifico come de Andre’ in spazi cosi’ ridotti) finita la vista, dicevo, ci si accoda per entrare in un ultima saletta (sempre di dimensioni minime) dove e’ possibile rivedere i materiali che eventualmente si sono persi in un montaggio senza soluzione di continuita’ che dura circa cinque ore con il risultato di passare piu’ tempo in fila per cercare di entrare che quello seduto in sala ad assistere alla visione del documentario.
Hai proprio ragione.
Questa mostra mi ha deluso molto.
Ciao
Scritto da: roy | 04 giugno 2009 a 08:08