Il regno di Dor e’ famoso per la bonta’ della sua zuppa, almeno fino a quando il ratto Roscuro non cade accidentalmente nel pentolone provocando la morta della regina. Il re, sconvolto da dolore, bandisce i ratti e la zuppa, gettando una cappa di tristezza sul regno, ma la nascita dell’indomito topolino Despereaux, che preferisce leggere le storie cavalleresche piuttosto che mangiare i vecchi libri della biblioteca, riportera’ il giusto ordine delle cose.
Anche la Universal si accosta al cartone animato in computer grafica con la trasposizione del racconto di Kate DiCamillo.
Il film e’ piacevole anche se la trama, un po’ troppo complessa per l’interazione del mondo umano con quello dei ratti e quello dei topi, a volte accusa qualche lungaggine.
Il protagonista e’ un topo, gia’ fisicamente diverso dagli altri, piu’ piccolo della media e con orecchie alla Dumbo che pero’ sfoggia una curiosita’ per il mondo che lo circonda cosi’ forte da sfidare le convenzioni della sua razza, che vuole che un topo possa sopravvivere solo grazie alla paura.
Oltre al coraggio di Despereaux, la pellicola esalta il senso di comprensione per gli altri: il perdono nasce dal capire quelllo che di male noi possiamo aver fatto al prossimo per spingerlo ad essere cattivo nei nostri confronti, un tema decisamente insolito per una pellicola, in particolare destinata ai ragazzi.
La vera originalita’ del film pero’ sta nel costruire un differente immaginario visivo: l’ultima generazione di cartoon deve la sua fortuna al continuo rimando cinefilo ai classici del grande schermo e anche ne Le avventure del topino Despereaux, il perfido capo dei topi richiama il Nosferatu di Murnau, ma a parte questa concessione lo stile del disegno si rifa’ espressamente alla storia dell’arte in particolare alla pittura fiamminga: il volto della principessa Pea ripropone l’ovale allungato di di una madonna gotica, l’arena dei ratti richiama La torre di Babele di Bruegel il Vecchio e per finire il cuoco di corte ha un aiutante magico fatto di frutta e verdura il cui nome e’ Boldo, chiaro omaggio al nostro fantasmagorico Arcimboldo.
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