Jacques Mesrine era un bandito francese che ha perfettamente incarnato lo spirito ribelle degli anni ‘60/’70: insofferente alle convenzioni, trova una sua ragione d’essere nella malavita dai tratti romantici vecchio stampo, dove la fedelta’ agli amici e la tenerezza delle puttane la fanno da padrone.
Mesrine diventa celebre in Francia e in Canada per i suoi colpi azzardati e le fughe rocambolesche da prigioni considerate inespugnabili, evasioni che accesero anche i riflettori sulle condizioni subumane dei reclusi in queste carceri di massima sicurezza. Seppe sfruttare la sua celebrita’ concedendo interviste alla stampa e scrisse un’autobiografia da cui e’ tratto questo film in due parti firmato da Jean-François Richet.
L’istinto di morte si concentra sull’ascesa malavitosa del giovane Mesrine, congedato dall’esercito impegnato dalla guerra in Algeria: dopo gli accattivanti titoli di testa in split screen che anticipano la fine del protagonista, arriva la scena tesissima dell’interrogatorio dei ribelli algerini da parte dell’esercito francese e la scelta di Mesrine di andare contro gli ordini del comandante si accaparra subito la simpatia del pubblico e come non parteggiare per questo giovane che rifiuta un lavoro mediocre trovatogli dal padre, ex collaborazionista di Vichy e preferisce la bella vita facendosi difensore delle prostitute sfregiate e capace di impalmare la bella spagnola messa incinta durante le vacanze?
Pur essendo un biopic, il film non e’ agiografico e assistiamo anche ai furenti scoppi d’ira del bandito, capace di malmenare la moglie davanti ai figli. Del biopic il film di Richet, fortunatamente, non ha neppure lo stile piano, quasi televisivo: la tensione e’ sottolineata da linguaggi anche insoliti: se lo split screen e’ un omaggio al cinema anni ‘70 (tutta la ricostruzione storica del resto e’ ineccepibile), l’uso del fish eye e’ perfetto per accentuare il senso di straniamento dovuto al terribile periodo d’isolamento nel carcere canadese, anche la celazione delle innumerevoli rapine per arrivare subito alle conseguenze, incarcerazione o inseguimenti da parte delle forze dell’ordine, serve per mantenere alto il ritmo di una pellicola che rivivifica il polar francese con quel tono ironico e disincantato tipico del periodo d’oro dei film di Jean Gabin, Dudivier o Melville.
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