Quando Il ministro della Difesa israeliano decide di trasferirsi in una casa sul confine palestinese per la sua vicina araba iniziano i guai: il frutteto di limoni piantato dal padre e unica fonte di sostentamento per la vedova, dev’essere abbattuto per assicurare l’incolumita’ dell’importante vicino, ma la donna impugnera’ la decisione..
Il film denuncia l’assurdita’ della vita sotto assedio che assume sfumature kafkiane arrivando a dichiarare una piantagione di limoni un pericolo mortale, una situazione i cui risvolti ridicoli sono sottolineati dalle stupide domande dei test di allenamento per il giovane soldato che vuole fare carriera e che risuonano costantemente intorno torretta di guardia.
A dar maggior peso alla pellicola e’ la situazione parallela delle due donne protagoniste del film, oltre a Salma, la battagliera vedova palestinese, c’e’ Mira, la moglie del ministro che si rende conto di essere una presenza ingombrante per la sua vicina e nell’evolversi della vicenda capira' di avere accanto a un uomo ipocrita come politico e come marito.
Anche Salma per portare avanti la battaglia in difesa della sua proprieta’ si dovra’ scontare con l’ipocrisia maschile , quella della sua gente che non apprezza l’indipendenza della donna e quella dell’avvocato che patrocina la sua causa. Le due donne si guardano e si studiano da lontano fino ad incontrarsi solamente per scambiare un sorriso e una stretta di mano, muta sorellanza conscia di esser insufficiente ad abbattere muri fisici e mentali di odio e sospetto.
Hiam Abbas, gia’ vista nel precedente film di Riklis, La sposa siriana , conferma la bravura e l’intensita’ della sua recitazione.
OT
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Scritto da: spider | 17 febbraio 2009 a 17:18
"Il giardino di limoni" conferma la notevole capacità del regista israeliano di realizzare opere originali e dalle storie inusuali e (in un certo senso) paradossali.
Anche qui abbiamo un racconto che, in altre mani, risulterebbe poco plausibile e non verosimile… ma Riklis è talmente bravo che tutto sembra logico e coerente. Lo spettatore segue con attenzione immergendosi nella vicenda, partecipando e lasciandosi massimamente coinvolgere.
Un film che induce a riflettere su certi assurdi comportamenti e su quanto insensati siano ostilità e diffidenze tra culture e comunità diverse.
Un film dove gli sguardi e i silenzi sono importanti e dicono più di mille parole, suggerendo come la solidarietà sia possibile nonostante tutto.
Un'opera delicata e apparentemente semplice, sincera asciutta mai retorica né manicheista e che miscela perfettamente dramma e ironia.
Scritto da: cinemaleo | 21 febbraio 2009 a 15:25