Un robottino che ricorda il Pathfinder marziano, una terra desolata simile a un arido paesaggio lunare, un uomo che si muove indossando una tuta da astronauta: il film della Bigelow si apre su un mondo alieno, quello di questa schifosa guerra in Iraq così lontana da ogni concezione della guerra -sempre orrida- che nelle nostre tranquille lande occidentali possiamo avere.
L’ingresso del protagonista, il sergente William James che entra in una squadra affiatata a sostituire il precedente artificiere morto durante una missione, introduce una dimensione più epica: James si vede come un eroe solitario, quasi un cowboy moderno, che sfida le regole e gioca con la propria vita, collezionando gli inneschi delle bombe che è riuscito a disinnescare, pur e conservando sprazzi di umanità (il rapporto con Beckham).
In realtà è solo un modo per sopravvivere alla guerra, un’ armatura: a proposito è interessante notare come i gesti per indossare le raffinate tute protettive abbiano un che di arcaico, richiamando la vestitura del cavaliere medievale aiutato dagli scudieri. James si costruisce un personaggio da eroe solitario ma l’alienazione si è già impossessata di lui come dimostra la sua breve permanenza a casa soprattutto nella scena al supermercato davanti all’immenso scaffale dei cereali.
The hurt locker ha un andamento un po’ altalenante dovuto alla costruzione episodica della trama ma i momenti di tensione, soprattutto all’inizio, sono davvero mozzafiato e la regia è ottima e se la si piantasse a sottolineare questo film è firmato da una donna sarebbe un miracolo: mai ho tanto sentito strombazzare la cultura di genere e credo mai così a sproposito!
Pur con i suoi difetti, una pellicola che ha davvero qualcosa da dire, personalmente non riuscirò più a sentire l’annuncio dell’esplosione di una bomba da quelle parti con la stessa indifferenza di prima.
La scena al supermercato, secondo me, riassume tutto il film...:-)
Scritto da: roy | 15 ottobre 2008 a 21:37