Brasile, estate 1970: il dodicenne Mauro vive nella spasmodica attesa che inizino i mondiali di calcio in Messico, ma la sua vita viene sconvolta dall’improvvisa partenza per le vacanze dei genitori che lasciano il piccolo a casa del nonno a San Paolo. La partenza dei genitori e’ cosi’ precipitosa che non aspettano neppure che il nonno venga ad accogliere Mauro. Il bambino restera’ ore sulla soglia di casa: il nonno e’ morto proprio quel pomeriggio..
Un inizio rocambolesco per un film dolceamaro che racconta l’iniziazione alla vita di un bambino tra l’esaltazione infantile per il calcio, la scoperta della morte e della vita con le prime pulsioni sessuali, sullo sfondo l’ombra della dittatura brasiliana che costringe i genitori di Mauro ad andare frettolosamente in vacanza, cioe’ ad entrare in clandestinita’, portando il piccolo a confrontarsi anche con le proprie radici religiose: sara’ infatti la comunita’ ebraica a prendersi cura di lui dopo la scomparsa del nonno. Apparentemente molta, addirittura troppa carne al fuoco, invece il film, riesce a manterenere la centralita’ del punto di vista di Mauro e i momenti piu’ belli sono quelli dell’anarchia solitaria del piccolo, che mi ha fatto tornare in mente quella (fintamente?) gioiosa di Pippi calzelunghe.
Ottima la fotografia che punta sui colori smorzati dove prevalgono i grigi e i marroni, il film presenta anche un uso classico dell’immagine riflessa dagli specchi o schermata da vetri e tende, che ben sottolineano il senso di straniamento di Mauro e di tutti gli altri personaggi messi al bivio dalla sua vicenda.
Vero molta carne a fuoco, ma il film è vincente per come la osserva dla punto di vista del ragazzino, ad altezza bambino.
Scritto da: Noodles | 02 settembre 2008 a 19:59
Poteva essere più incisivo, più emozionante però tutto sommato questa sua esilità l'ha fatto amare a molti ( a Roma tre mesi e mezzo in un cinema)
Scritto da: alp | 08 settembre 2008 a 10:27