Italia 2005,
con Barbora Bobulova, Andrea Di Stefano, Lisa Gastoni, Erica Blanc, Camille Dugay Comencini
regia di Ferzan Ozpetek
Irene Ravelli e’ una manager senza scrupoli, disposta a passare sull’amicizia in nome degli affari ed a trasformare lo storico palazzo di famiglia in una serie di mini appartamenti. Il ritorno nella casa che la vide bambina e che divenne la dimora-prigione di una madre a cui fu tolta precocemente, coincide con l’incontro con Benny, una ragazzina di strada che schiudera’ ad Irene le porte su un mondo di sofferenza e poverta’. La morte di Benny portera’ Irene a cambiare la propria vita e a dedicarsi agli altri.
Come nei suoi lavori precedenti, Ozpetek costruisce il film partendo da uno degli assunti classici del melodramma, la soluzione di un segreto che sconvolge la vita della protagonista: se ne Le fate ignoranti la scoperta della doppia vita del marito portava Antonia (Margherita Buy) a confrontarsi con il mondo esterno, ne La finestra di fronte l’incontro con il vecchio pasticciere smemorato insegnava alla protagonista, Giovanna Mezzogiorno, a realizzare se stessa, in Cuore Sacro la riscoperta della figura materna conduce Irene a confrontarsi con la spiritualita’.
E’ un film costruito tutto per antinomie: due case, una fredda ed ipertecnologica dove vive l’Irene manager e un palazzo antico pieno di memorie e fantasmi dove possono avvenire gli incontri piu’ strani, due zie compongono quel che rimane della famiglia di Irene: una avida e d arrivista che spinge la giovane donna nella sua carriera, l’altra internata in una clinica perche’ troppo sensibile per sopravvivere ad una famiglia di squali senza l’aiuto dell’alcol, due misteri, la madre e la ragazzina, vengono a turbare la vita di Irene, divisa tra il desiderio per una madre mai conosciuta e l’istinto materno che l’attrae verso Benny.
Tra reminiscenze pasoliniane (la costruzione dell’abbraccio con il barbone ispirato all’iconografia sacra e soprattutto il viso da angelo sperduto di Benny) ed un parrocco che si chiama Padre Carras come il prete de L’esorcista, risulta impossibile analizzare la pellicola senza citare Europa ‘51 di Roberto Rossellini, a cui Ozpetek ammette di essersi ispirato, tanto da scegliere lo stesso nome per la sua protagonista: entrambe le Irene sono ricche e conducono una vita senza problemi e in entrambi i casi e’ la morte di un figlio (o di una figura che sopperisce all’istinto materno nell’opera del regista turco) a scatenare una crisi che porta la protagonista a donarsi totalmente agli altri.
Se il film di Rossellini si chiudeva con la reclusione in una casa di cura, il metodo piu’ sbrigativo per la famiglia borghese di liberarsi di questa imbarazzante presenza ed accettato di buon grado dal personaggio della Bergaman nel suo delirio salvifico, questa seconda Irene incontra una psicologa comprensiva che non ritiene necessario il suo ricovero: ancora una volta, il lavoro di Ozpetek che riesce a raggiungere in questa pellicola vette di intensita’ mai toccate grazie all’insistenza della macchina da presa sui personaggi e alla bravura di Barbora Bubolova, si perde in una chiusa troppo ottimista e confortante.
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