La macchina da presa e’ fissa sui resti di una grande stazione di benzina e mentre lo spettatore inorridisce di fronte all’ennesimo sfregio inferto alla terra campana, da un tombino esce un uomo. ll campo e’ lungo e all’inizio non si capisce neppure da dove arrivi la voce che chiama un altro personaggio che sbuca da un tombino adiacente.
Basterebbe ragionare su questa scena geniale per capire che cos’e’ Gomorra, il film: lo scempio dell’ambiente, urbano o naturale che sia, sfregiato in una maniera che disturba e stupisce anche se al deturpamento del paesaggio siamo ormai tutti abituati ed anche chi il libro lo ha letto, vede con i propri occhi quell’orrore cosi’ ben descritto ma a cui la fantasia forse non osava arrivare; del resto il film e’ un viaggio dentro un mondo altro da quanto sia possibile immaginare, cosi’ alieno che i malavitosi sembrano piovuti dal cielo nelle loro capsule abbronzanti mentre chi si crede una persona degna di stima ci sbuca come un topo dal tombino di una fogna come succede appunto al personaggio di Servillo nella magnifica scena surreale che lo introduce, splendida metafora delle connivenze mordiefuggi di chi con il sistema ci fa gli affari (l’imprenditore che deve smaltire, la ditta di altamoda che deve produrre)
Ma quello che Gomorra racconta non e’ un mondo fantastico ne’ surreale, quindi quale miglior linguaggio che quello neorealista per avvincere lo spettatore alla realta’ a cui sta assistendo? La scelta di far recitare quasi tutto il film in dialetto stretto e sottotitolarlo richiama La terra trema e il film di Visconti, con il suo famoso piano sequenza che segue il ragazzino per illustrare il mercato del pescemi e’ tornato in mente ogni volta che la macchina da presa seguiva Toto’ nei suoi giri di consegna all’interno delle Vele di Scampia e intanto rubava gli scorci di questo formicaio incredibile e come non vedere nella tragica desolazione del paesaggio offeso la stessa valenza morale delle macerie di Berlino in Germania anno zero?
Ha parlato molto del paesaggio, innegabile protagonista del film ma c’e’ un altro elemento che mi ha colpito molto, il suono: il fruscio delle banconote, lo scalpiccio dei piedi.. un continuo rumore di fondo dell’eterno divorare soldi, persone da parte di questo orrido Moloch che nella sua natura primordiale si quieta solo per qualche secondo solo davanti alla morte, all’improvviso scoppio degli spari.
Enorme film, Garrone diverso dai suoi due maggiori film ma sempre personalissimo.Quanta pena nel bellissimo finale con i due ragazzini ammazzati e buttati nella scavatrice.
Scritto da: alp | 21 maggio 2008 a 20:03
Quella scena che citi all'inizio per me ha anche un altro valore intrinseco, cinematografico: tempi allungati, un'inquadratura fissa sul nulla per un minuto buono e credo stia proprio a significare il dovere dell'occhio di penetrare,d i guardare meglio la realtà (cinematografica come sociale-criminale) per scovarne gli elementi infetti.
Scritto da: Noodles | 23 maggio 2008 a 13:56