Marta laureata con lode in filosofia teoretica, si mette a cercare lavoro; dopo mille rifiuti, approdera’ ad un call-center toccando con mano le brutture del precariato.
Virzi’ rida’ lustro alla commedia all’italiana con un film che non fa sconti a nessuna delle categorie prese in esame dal film a partire da una classe accademica, la commissione d’esame di Marta, decrepita ma del tutto determinata a non lasciare il proprio posto alle nuove leve, gli stessi lavoratori precari non ne escono benissimo, non tanto perche’ interessati solo alle sorti del Grande Fratello (anzi l’allusione al reality serve piu’ per mettere alla berlina la classe intellettuale) ma per la loro incapacita’ di informarsi sui loro diritti e per la reazione infantile alla forzata chiusura del call-center, vissuta come un giorno di vacanza scolastica. Questa stigmatizzazione diventa un atto d’accusa piu’ ampio ad un’intera nazione che reagisce sempre con superficialita’ e spirito adolescenziale.
Da sottolineare anche l’ambientazione nell’area industriale di una periferia romana: solitaria ed assolata, diventa emblematica di una realta’ lavorativa completamente disancorata dalla realta’, dove la finzione predomina, dalla falsa sicurezza paternalistica del capo, in realta’ affossato dai debiti per pagare i prodotti da rivendere, alla presunta abilita’ del venditore che fa comprare i prodotti ai parenti piu’ stretti, costringendoli a spendere piu’ di quanto lui riesca a guadagnare.
Sulla puntuale critica sociale, si innestano tre ritratti di donna: Marta la protagonista che e’ quella che mi ha intrigato meno anche per il peso della madre malata terminale, che rappresenta una diramazione del film che poco si amalgama al tema principale. Daniela, la capo telefonista interpretata dalla (nuovamente) brava Sabrina Ferilli ha una forte vena patetica che sfocia in un finale grottesco, ma la figura che piu’ mi e’ piaciuta per la commovente tenerezza del personaggio e e l’ottima interpretazione di Micaela Ramazzotti e’ quello della svampita Sonia.
Anche se non amo molto la voce della Morante, ho apprezzato la scelta della voce off che trasforma il film in una fiaba nera, sottolineandone la dimensione straniante e grottesca.
Diverte e commuove ed è cattivo come la miglior commedia all'italiana degli anni 60, che si vuole di più?
Scritto da: alp | 03 aprile 2008 a 10:34
anfatti! :)
Scritto da: ava | 03 aprile 2008 a 17:03