Dominic Matei e’ un vecchio studioso di storia del linguaggio umano, che si ritiene un fallito perche’ sa che non riuscira’ ad ultimare il libro sulla nascita e lo sviluppo del linguaggio a cui ha dedicato tutta la sua esistenza. Il giorno di Pasqua del 1938 , giorno in cui ha deciso di suicidarsi, Dominic viene colpito da un fulmine che invece di ucciderlo, inspiegabilmente lo ringiovanisce di 40 anni, offrendogli l’occasione di portare a termine la missione della sua vita..
Sorretta da una strepitosa interpretazione di Tim Roth, una storia magmatica ed allusiva, come forse oggi non sono piu’ di moda che pero’ riesce a non lasciare mai indifferente lo spettatore, nel bene o nel male e da queste parti il bene e’ stato massimo: mi potrei perdere in quel magnifico delirio sul dopo che sconfina nel massimo livello delle schiere angeliche, tacero’ anche della bellezza dei titoli di testa dove il motivo del teschio che affiora sotto il volto mi ha ricordato il mio racconto preferito tra le Sette storie gotiche di Isak Dinesen (Karen Blixen).
Vedendo il taglio che che Coppola da alla vicenda, mi chiedo se quest’opera non sia l’occasione del regista per cimentarsi con il linguaggio, se non delle origini del cinema (per quanto, quella cinepresa praticamente fissa..) per lo meno con quello del suo periodo di massimo splendore, gli anni 30/40: tra le caratteristiche piu’ evidenti, l’uso fortemente espressionista delle ombre e Dominic potrebbe tranquillamente andare ad arricchire la schiera di personaggi in cui il fantastico va a sottolineare la follia nel sacrificare qualsiasi cosa sull’altare della propria ossessione che sono i mostri degli horror anni ‘30 della Universal .
Commenti