Il lavoro di Soldini e’ carino e anche interessante sotto certi aspetti, ben recitato e sostenuto da nervosi piani sequenza sullo sfondo di una Genova bella ma un po’ prevedibile. Dove il film mi sembra fallire miseramente e’ nella rappresentazione del tema della perdita del lavoro che puo’ colpire anche segmenti di borghesia che fino a quel momento si sentivano sicuri, e cioe’ nell’argomento portante del film; innanzitutto la vicenda che porta Michele a ritrovarsi senza lavoro e’ poco credibile o quantomeno molto arzigogolata: sarebbe il socio buono (ovviamente di sinistra) di una piccola impresa che si oppone ai licenziamenti dei dipendenti e altre manovre poco etiche e per questo motivo viene fatto fuori dai soci a cui non puo’ far causa perche’ ha dato la casa a garanzia di non si sa bene cosa, mi domando chi possa riuscire ad identificarsi in una storia cosi’ confusa, forse volutamente nebulosa per rafforzare il classico finale aperto che mai mi e’ parso cosi’ ottimista; visto che il protagonista e’ Albanese avrei trovato molto piu’ interessante se nei guai ci si fosse trovato un Perego, costretto a vendere il suv fiammante invece della barchetta understatement.
La famiglia di Elsa e’ Michele e’ messa a dura prova, certo si soffre e alcuni momenti della depressione del protagonista sono anche toccanti, ma la storia e’ raccontata in maniera blanda: sembra quasi che tutto sommato faccia bene questa doccia fredda, aiutera’ i due coniugi a crescere e maturare (lui sei anni prima le aveva fatto pure le corna!) in una Genova indifferente ed algida dove non c’e’ un extracomunitario, tantomeno un cravattaro tutto si ricompone sotto la meraviglia di un affresco quattrocentesco.. nel mondo dei sogni.
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