Mi ero persa il primo capitolo della trilogia dedicata alla regina inglese, cioe’ Elizabeth del 1998 perche’ personalmente troppo legata all’immaginario hollywoodiano classico, in particolare alle due imprescindibili (anche per Cate Blanchett) interpretazioni di Bette Davis ne Il conte di Essex (1939) e Il favorito della grande regina (1955): in due film in cui il rigore storico latita la Davis riesce a restituire la furia volitiva di Elisabetta I, figura che dai film di Kapur esce un po’ troppo angelicata.
Questo secondo capitolo mi intrigava per l’episodio dell’Invicible Armada, affascinante esempio del potere del caso sulla storia umana, cosi’ ho recuperato anche il primo episodio.
E’ sorprendente vedere come anche a distanza di quasi 10 anni, ci sia una grande continuita’ di stile tra le due opere che hanno i difetti tipici dei film storici degli ultimi anni anni: grande rigore storico, perfezione formale e ottima fotografia, qualita’ tecniche a cui pero’ difficilmente corrisponde uno spessore emotivo: personalmente trovo particolarmente noioso la rappresentazione degli arrovellamenti di Elisabetta, divisa tra ragion di stato e desiderio di una vita privata.
La novita’ di Elizabeth, the golden age e’ il richiamo al problema attuale delle guerre mosse dell’integralismo religioso: il regista si muove abbastanza abilmente su un terreno cosi’ pericoloso senza forzare di implicazioni negative il furore cattolico di Filippo II, ne’ caricare positivamente la liberta’ di culto che Elisabetta concede, per quanto possibile, al suo popolo anche se quando la regina compare sul campo di battaglia di bianco vestita e con lunghi capelli rossi, perfetta immagine di una Walkiria, scatta subito l’identificazione con l’emblema della cultura occidentale, che combatte per la sua liberta’.
A salvare il film da una banale distinzione manicheista, interviene la chiave di lettura shakesperiana delle vicende storiche: la tempesta che distrugge l’Invincible Armada non e’ casuale, ma come in un perfetto dramma shakesperiano e’ il contrappeso della ubris spagnola che con un sottile lavoro di intelligence aveva simulato un attentato a Elizabetta facendo figurare come mandante Maria Stuarda che per questo motivo viene processata e condannata alla decollazione; la messa a morte di una regina cattolica diventa il pretesto per l’attacco spagnolo all’Inghilterra. Per essere stato il vero artefice della morte di Maria Stuarda (un po’ troppo stronza per i mie gusti, a cui e’ molto cara la Maria di Scozia del 1936 diretta da John Ford ed interpretata da Katharine Hepburn) il Regno di Spagna viene punito dalla collera divina che fa affondare la sua poderosa flotta, mentre risparmia Elisabetta e l’Inghilterra, esecutori materiali della pena di Maria Stuarda.
Notevole l’interpretazione degli attori: la Blanchett e ‘ superlativa e punta decisamente alla palma di migliore attrice sulla piazza, anche Clive Owen e’ sorprendente nel suo richiamare fisicamente Errol Flynn: forse se il film avesse osato una vena ispirata alle commedie sullo scontro tra i sessi nel rappresentare il rapporto tra Elizabeth e il suo pirata gentiluomo il film ne avrebbe guadagnato.
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