I pastorelli Celadon e Astrea vivono un amore osteggiato dalle famiglie, per questo motivo ad una festa Celadon, dietro suggerimento dell’amata, si finge innamorato di un’altra ragazza. Astrea pero’, pungolata da uno spasimante, crede che Celadon oltrepassi i limiti della finzione e lo lascia, ordinandogli di non comparirgli piu’ davanti. Celadon per il dolore si butta nel fiume ma viene salvato dalle ninfe, ma non riesce a guarire dall’amore per Astrea, finche’ un druido non gli suggerisce un modo rocambolesco per riconquistare l’amata...
Quest’ultima fatica di Rohmer e’ un opera complessa, che richiede una grande attenzione dello spettatore. Innanzitutto vi sono degli aspetti stranianti,: una didascalia iniziale che sottolinea come questo film sia tratto da un’opera di Honoré d’Urfé, del XII secolo, ambientata pero’ nella Gallia del V secolo e che sia stato necessario cambiare i luoghi originari dell’azione per la loro eccessiva “modernizzazione”, cercando altrove in Francia luoghi che rispecchiassero le caratteristiche bucoliche di quei tempi lontani, letto questo l’aspettativa e’ di un grande rigore filologico, che pero’ viene ben presto smentita dal castello del XII secolo dove vivono le ninfe e ancor piu’ dai quadri barocchi che illustrano alcuni passi della trama.
Tema centrale del film e’ l’amore e non solo quello contrasto dei due protagonisti, ma la riflessione filosofica su questo argomento: il fratello di Celadon cerca di convincere il “play-boy” antelitteram del villaggio di come sia pura e soddisfacente la fedelta’ amorosa verso un unico soggetto d’amore che porta alla comunione delle anime, mentre il druido spiega a Celadon come la sovrapposizione delle divinita’ romane al pantheon celtico sia solo superficiale perche’ gli dei celtici sono solo raffigurazioni dei diversi aspetti del dio unico Teutates, c’e’ poi il riferimento alla profezia della vergine partoriente, mito che avvicina la religione druidica a quella cattolica ed e’ alla base della costruzione della cattedrale di Chartres.
In quest’ottica il travestitismo di Celadon perde tutta la sua componente maliziosa e oltre ad un escamotage per riavvicinare l’amata diventa quasi la dimostrazione di questa idea propugnata dal film, dell’amore che travalica il se’, mentre Astrea con le sue paure che la portano alla gelosia e il comandare al suo amore rappresenta un’immagine negativa dell’amore, salvata solo dal sentimento di Celadon.
Insomma un film che si presta a letture e meditazioni colte, che e’ girato con una grande eleganza formale tutto “en plein air” , ma che e’ penalizzato da un eccessivo formalismo e una raggelante verbosita’ che annulla la proverbiale leggerezza del maestro francese.
Questo mi sarebbe proprio piaciuto vederlo!
Spero di recuperarlo prima o poi, al massimo in una rassegna estiva
Scritto da: Trinity | 21 settembre 2007 a 13:21